Voglio intercettare quella luce che indora l'uva sui colli solatii;
voglio vivere la mia vita a contatto con la natura per avvicinarmi il più possibile alle espressioni del rapporto umano più vero: l'amore e l'amicizia. Voglio parlare di Virgilio (
Publio Virgilio Marone), per immergermi nella quieta esistenza della vita campestre e allontanare momentaneamente l'inquitudine per le torbide vicende del berlusconismo che al momento soffocano il Bel Paese. L'apparente distanza degli argomenti trattati non impedisce, spero, che si faccia sentire la meditazione sugli avvenimenti contemporanei.
Quanti di voi hanno sognato di fuggire dalla violenza del traffico cittadino, dall'annientamento e dal soffocamento dell'ombra di un palazzo di nove piani? quanti di voi sognano di rifugiarsi in una "Arcadia dello Spirito", in una campagna alla ricerca di un otium idealizzato, dove il tumulto e il timore non raggiungano la quiete dell'esistenza campestre, semplice, sobria, dedita alla bellezza? T.S. Eliot ha scritto a proposito della solitudine: "
Tu strascuri e sminuisci il deserto, il deserto non è solo dietro l'angolo, il deserto è compresso nel vagone della metropolitana, è accanto a te, il deserto è nel cuore di tuo fratello".
Questo per dire, che costruiamo frequentatissimi non-luoghi, come mastodontici centri commerciali, dove paradossalmente ci sentiamo però sempre più soli.
Ho già parlato in
un post di come
Francesco Petrarca, l’illustre poeta, quando scelse di stabilirsi ad Arquà Petrarca nel 1370, disse queste parole: "
Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo".
Già, perchè nelle nostre città caotiche è impossibile coltivare il regno dello spirito, in cui si possano rinforzare gli ideali umani più profondi; è impossibile riflettere su un ideale di amicizia pura e incondizionata, sulla nostra infanzia e su tutte le piccole cose che ci davano quiete; è impossibile accorgerci dell'ombra protettiva degli alberi, del mormorio dei ruscelli, del quieto pascolare delle caprette quando le notizie delle guerre dei nostri giorni, ci riportano all'amara realtà uccidendo la leggerezza e la scherzosità. In questo post, quindi voglio guardare alla vita dei pastori, alle loro gare di canto, ai loro amori.
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Nell'immagine il dio Pan, insegna a Dafni
a
suonare il "Flauto di Pan" (Pompei,ca. 100 a.C.)
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Virgilio è nato nella poesia. Quand'era in attesa del futuro poeta, la madre sognò di partorire un ramo di lauro, e di vederlo subito crescere fino al cielo. Storicamente il "ramo di lauro" venne alla luce il 15 ottobre del 70 a.C vicino a Mantova, nell'area di Pietole ed Andes. Virgilio, figlio di proprietari terrieri, conobbe negli allora incantati paesaggi della pianura padana, la vita e il lavoro della gente di campagna, che tanta parte ebbero nella sua ispirazione. Pensate che Virgilio, dopo aver composto le "Bucoliche" tra il 42 ed il 39 a.C, la sua prima prima opera compiuta, doveva fuggire per la strada all'importuno entusiasmo della gente durante i suoi soggiorni a Roma; in questo momento il popolo italiano acclama i partecipanti ai reality e ai talent show, un mondo dei balocchi effimero. Anche nelle "Georgiche", composte tra il 37 ed il 30 a.C, il poeta celebra il lavoro dei campi, nella concretezza della coltivazione degli alberi e della vite, dell'allevamento del bestiame e delle api. Leggendo le Bucoliche di Virgilio mi sono annotato tutte le parole chiavi che potessero alimentare quell'immagine per il tutto, che va sotto il nome di Arcadia e le ho trascritte qui di seguito; parole in disuso ("armenti", "farro" etc) che leggendo tutto d'un fiato, hanno il potere di portarci, come per magia, in un altro mondo.
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Paesaggio amenico che ho recentemente fotografato nel viaggio in Scozia
Sono i processi di lunga durata che creano paesaggi stabilizzati, culturalmente identificabili, mentre i mutamenti di breve durata, creano paesaggi antagonisti, confusi, paesaggi del mutamento e della crisi. Questa è una massima che ho trovato nei libri di quel genio che era Eugenio Turri, massimo geografo italiano. Durante i miei viaggi, dove ho sentito veramente vicino il mondo egreste e bucolico tratteggiato da Virgilio è stato nelle isole greche dell'Egeo, in particolare Ios e Creta. In Italia invece ho sentito tale sensazione avvicinandomi agli ulivi di Sirmione, vicino alla Grotta di Catullo e ad Arco di Trento in una spianata di ulivi che ho fotografato.
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Video che ho girato alla Tomba di Omero; è l'Arcadia?
Eccovi alcuni passi tratti dalle Bucoliche:
Qui tra i fiumi di sempre e le sorgenti sacre prenderai il fresco e l'ombra. Di qua la siepe - quella di sempre - sul limite vicino, dove le api iblèe succhiano il fiore del salceto, ti sedurrà col suo sussurro a abbandonarti al sonno. Di là, sotto l'alta rupe, canterà al vento il potatore; e intanto né le rauche colombe, che tu ami, né la tortora in cima all'alto olmo cesserà il suo pianto.