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Elaborazione digitale di Alberto Sciretti del "CANALETTO, Capriccio with Venetian Motifs, 1740-45, Oil on canvas, 51,2 x 68,6 cm,St. Louis Art Museum, St. Louis" con sullo sfondo i "territori marmellata" su cui ancora una volta si stanno addentrando le lunghe mani della speculazione.
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Alla
Gronda Lagunare ho dedicato la mia tesi di laurea (
http://www.sciretti.it/tesi.pdf). Le motivazioni culturali che mi hanno spinto a prendere in esame il territorio della Gronda, sono state l’intensa
banalizzazione e marginalizzazione che hanno contraddistinto queste aree, con la conseguenza di
negare spesso alla natura e all’uomo, un rapporto diretto tra laguna e terraferma, attraverso un
irrigidimento della Gronda, con la presenza di macroinfrastrutture (casse di colmata, aeroporto Marco Polo, Porto Marghera, discariche) e microinfrastrutture marginalizzanti (ad esempio occupazioni abusive con arginature fisse e privatizzazioni di specchi d’acqua lagunari e la loro esclusione dal moto naturale delle maree). Questo irrigidimento della Gronda lagunare, ha comportato quindi una
generica cementificazione e antropizzazione del territorio, intaccando le aree umide, fondamentali aree di transizione tra terra e acqua, già praticamente scomparse per le azioni della bonifica, che ha coinvolto questi territori nel corso della prima metà del XX sec.
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Questi luoghi di margine, per l’impreparazione culturale e la malafede delle classi dirigenti preposte alla loro tutela e salvaguardia, non sono state ancora annesse culturalmente o comprese nella loro complessità, anzi si è provveduto a banalizzarle, marchiandole con opere alienanti.
Vicino l’aeroporto, in 200 ettari di terreni agricoli, ora due società immobiliari prevedono la creazione dell’ennesimo “non luogo”, con centri commerciali, fitness center, alberghi e uffici. Un milione di metri cubi di nuovi edifici, stadio, casinò. Ma anche alberghi, uffici e terminal. Tutto ciò è il Quadrante di Tessera. Uno shopping Village. Tutto questo mentre i cartelli con scritto "Affittasi" e "Vendesi", la chiusura di tantissime attività commerciali e un paesaggio di scheletri di capannoni vuoti iniziano a testimoniare come qualcosa di profondamente sbagliato e innaturale abbia contagiato il nostro modo di concepire l'Economia (sostanzialmente diventata Finanza speculativa).
All’alba dei tempi, era il contadino infatti il modus vivendi, a cui la gran parte dell’umanità guardava; il pastore, spesso sognava di diventare contadino. L’ odierna civiltà occidentale, alienata dal e nel suo stesso comfort, individua molto spesso nel settore Terziario, un vita facile, comoda e remunerativa, trovando difficoltà a relazionarsi invece con questa figura radicata alla terra. Ne è testimonianza forse, il valore attribuito dagli antiquari e non solo, ai manufatti di contadini analfabeti, e la nascita di musei che raccolgono attrezzi del lavoro manuale nelle campagne, simbolo di un’esistenza difficile. Nel trascurare il settore Primario, si è potuto più comodamente far valere il modello dell’industria consumistica, come forma di riscatto sociale ed economico. Si vuole vedere nella ‘casa rurale’, esclusivamente un passato di fame, freddo e fatica da superare e dimenticare. Tale rifiuto concettuale del mondo contadino, ha reso anacronistico il suo impianto, demolendolo, motivo per cui ogni lembo di terra di un contadino, se venduto, è spesso oggetto in primis di uno screaning da parte di interessi capitalistici, con il mero scopo spesso di costruire, rivendere, e incassato un ‘surplus’ di capitale, spostarsi altrove. Lentamente si perde e si è perso, un know-how, che una società alienata e congestionata, non può cogliere nella sua grandezza: saper aiutare una mucca a partorire, l’innesto negli alberi, saper costruire muri, porte, sgabelli, corde, recinti. Il contadino era ‘perfetto’ perché in grado di fare tutto autonomamente, senza bisogno di delegare o ricorrere a consulenze, delle quali ora la nostra società fa’ largo uso. Il contadino, non conosceva la cultura dell’ ‘usa e getta’, ma testardamente raddrizzava perfino un chiodo affinché si potesse riusare più volte.
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