Barene in prossimità di Passo Campalto (VE), attualmente arginate, perché quasi irrimediabilmente inquinate, dalla permanenza nell’area per decenni di un tiro al piattello sportivo. Emblematico esempio, di una generica banalizzazione delle aree di margine [1], un foro di proiettile sul cartello illustrativo della “barena”.
"L’ecosistema più produttivo al mondo, un paesaggio unico al mondo quale quello della laguna, non è ancora un parco naturale a tutti gli effetti. Soltanto le Dolomiti, o i Colli Euganei o Lessini meritavano di essere salvaguardati attraverso un Ente Parco. Il nostro primo cittadino è dagli anni ’90 che ne parla, ne parla e ne parla. Quando si tratta di istituire un parco naturale si parla solamente, quando però tanti anni fa’ c’era da costruire il Petrolchimico, l’aeroporto sul bordo della laguna, ed ora possibili sublagunari, nuovi ponti inutili, grandi centri commerciali od un enorme hotel\centro congressi, porticcioli per barche lussuose, allora, tutto ciò si realizza.
Passeggiando sulle rive del Lago di Garda (Riva del Garda ad esempio) ci sono camminamenti paesaggistici, piste ciclabili, ed il paesaggio è fruibile da parte della gente attraverso innumerevoli punti di osservazione, ed invece qui nel veneziano non solo per decenni si è negato alla popolazione della terraferma un qualsiasi rapporto con la laguna (il parco di San Giuliano ha cercato di rimediare ad una epocale ingiustizia), ma abbiamo concepito opere impattanti con conseguente irrigidimento della gronda lagunare e sua marginalizzazione e scomparsa delle aree umide, fondamentali zone di transizione tra terra e acqua, capaci di sviluppare una fauna e una flora uniche; poco importa se le barene scompaiono lentamente erose dal moto ondoso di veri e proprio motoscafi che diventano “ferri da stiro”; poco importa se Mestre, è ancora una città caotica e congestionata, senza un’anima, con i livelli di pm10 nell’aria che giornalmente superano i livelli di guardia; poco importa se in centro a Mestre, lì dove una volta arrivavano gioiosi campi di grano, siano rimasti pochi fazzoletti d’erba con i nuovi “alberi antenne” della telefonia mobile, questi sono dettagli. Va tutto bene, sorridiamo alla vita, a quei magnifici tramonti rossastri nei cieli di Marghera."
Video da me girato della laguna Nord, attraversata con una barca a fondo piatto, quindi incapace di creare onde dannose capaci di erodere le barene e costruita con i vecchi criteri. Appena potrò renderò disponibile il materiale fotografico e video sulla laguna di Venezia accumulato in quest'ultimi anni. http://www.sciretti.it/tesi.pdf
[1] Un esempio per tutti: il tiro al piattello sportivo nella barena presso Passo Campalto (VE); il gestore dell’impianto, che era privo di autorizzazioni comunali e del Magistrato alle acque, realizzava abusi edilizi, e in pieno dispregio alle normative ambientali, disturbava con il rumore ossessivo delle gare di tiro i residenti, ma cosa ben più grave, inquinava la laguna con il piombo sparato; i resti di piattelli disseminati a milioni sulle barene circostanti, testimoniano ancora questa poca lungimiranza. Il gestore ha tentato un’ opera di bonifica, fallita miseramente per le inadeguatezze del progetto, per il quale ha comunque ricevuto 100.000.000 £ dalla Regione Veneto. Dal 2002 l'impianto è stato chiuso dopo una ulteriore diffida del Magistrato alle acque, su pressione del Comitato per la salvaguardia dell’ambiente di Campalto "La Salsola", ma le strutture abusive non sono state smantellate. Fonte: Pino Sartori, biologo, cofondatore del Comitato per la salvaguardia dell’ambiente di Campalto "La Salsola".
Five of Red Sands Fort's 7 towers. The seven towers of Red Sands were placed approximately six miles off Minster, Isle of Sheppey, over the period July 23rd to September 3rd 1943. They appear as tiny blocks on the horizon from the shore but close up they exude an eerie, almost ominous presence. The tower in the foreground would have been a gun tower, with a gun placed on the flat section that protrudes from the front. Other towers would have different functions such as search lights and accommodation. Hundreds of soldiers would live on these towers in six week placements which were very unpopular due to the remoteness of the placement.
"Le radio pirata rappresentano, senza dubbio, uno dei simboli più significativi della ribellione e della voglia di cambiamento che permeò tutti gli anni ’60. Con esse il variegato mondo giovanile ebbe modo di diffondere i propri ideali e stili di vita, ma anche di rompere un sistema della comunicazione rigido e burocratico, che non permetteva una libera concorrenza tra le emittenti.
Le trasmissioni radio, fino ad allora quasi esclusivamente nelle mani dei monopoli degli enti pubblici, fatta eccezione per Radio Luxembourg, venivano ora gestite da privati che operavano da stazioni al di fuori del territorio di un paese e delle sue leggi in materia di comunicazione di massa. Queste radio trasmettevano illegalmente da vecchie navi, spesso registrate negli elenchi navali di paesi tradizionalmente disponibili ad offrire bandiere di comodo, oppure da piattaforme risalenti alla II guerra mondiale situate al largo delle coste scandinave e inglesi, in condizioni precarie ed esposti alle intemperie e ai pericoli che il mare del Nord poteva riservare." Fonte Tesi di laurea "I PIRATI CHE SOLCARONO L’ETERE. STORIA DELLE RADIO OFFSHORE CHE DAI MARI DEL NORD SFIDARONO LA BBC E L’INFLUENZA CHE QUESTE EBBERO SULLA MUSICA DEL PERIODO" del Dott. Federico Lusi,Relatore Prof. Michele Sorice,Correlatore Prof. Andrea Vianello, Anno Accademico 2005/2006.
No Man's Land Fort
Su "Il Venerdì" di Repubblica numero 1024 del 2 Novembre 2007 è comparso l'articolo "A.A.A. vendesi fortezza di sua maestà" in cui si dice "Fortezza galleggiante vendesi. Succede al largo di Portsmouth, lungo le coste inglesi. Il forte in questione è un piccolo isolotto artificiale. Grande abbastanza, però, per ospitare un faro, diversi appartamenti e un campo da tennis. Fu costruito intorno al 1860 come primo baluardo contro un eventuale attacco da parte della flotta francese. Ma Londra e Parigi non avrebbero più fatto la guerra tra loro e quindi il No Man's Land Fort non è mai servito al suo scopo. Negli ultimi anni c'è stato chi ha cercato di trasformarlo in albergo, ma senza successo. Anzi, gli ultimi due proprietari hanno fatto bancarotta e sono finiti in prigione. Ora torna in vendita. Il prezzo di partenza sarebbe quattro milioni di sterline (quasi sei milioni di euro). Ma l'agenzia immobiliare smentisce: "Non abbiamo ipotizzato alcun prezzo. Aspettiamo le offerte degli interessati".
Altre informazioni in inglese su No Man's Land Fort:
No Man's Land Fort was built in the Solent 2.2 kilometres off the coast of the Isle of Wight between the years 1867 and 1880 to protect Portsmouth. It was built for a cost of £462,500, a considerable sum if adjusted for inflation.
It is now a luxury home/hospitality centre for high-paying guests – due to the privacy it offers – boasting an indoor swimming pool and two helipads. In July 2007, the Fort was put on sale to raise funds for creditors following a company collapse and the jailing of the current owner, who reportedly had debts of £100 million (See links below).The 1972 Doctor Who serial The Sea Devils used the fort as a filming location for several scenes.
Particolare dei resti archeologici di Delo (Isole Cicladi) 14/08/2007 ore 11.21
Voglio parlare un attimo di Delo, che ho visitato quest'estate ma che è difficile dimenticare.
Delo, (Delos) è un'isola della Grecia, nel Mar Egeo. Fa parte dell'arcipelago delle Cicladi ed è situata vicino all'isola di Mykonos, dalla quale è raggiungibile tramite battelli.
L'isola è oggi praticamente disabitata ed è un un immenso sito archeologico che richiama turisti ed appassionati di archeologia da ogni parte del mondo. È inserita nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO
I reperti archeologici hanno dimostrato che l'isola era già abitata fin dal 3000 a.C.
I coloni dell'isola (circa nel 1000 a.C.) probabilmente vi portarono il culto di Apollo, dio della luce e della musica.
I motivi per i quali valga la pena visitare l'isola, spero di sintetizzarli in queste foto scattate il 14/08/2007.
Teatro che aveva una capienza di 5.500 posti, costruzione del II sec. a.C
Una strada porta alla famosa Via dei Leoni, ex-voto dei Nessi del VII sec. a.C., consistente in 9 leoni di marmo dei quali se ne conservano solo cinque. Lago sacro dove, nell'antichità, nuotavano i cigni di Apollo, coperto con terra nel 1926 dopo un'epidemia di malaria. Qui scavando per caso, ho trovato una splendida pietra. E' un luogo mozzafiato.E' uno dei pochi luoghi d'ombra, dove è possibile percepire la presenza d'acqua.
Il Monte Cinzio ( in Greco Kynthos)si trova sull'isola di Delo nell'arcipelago delle Cicladi. Notevole ed emozionante, il sentiero lastricato che conduce alla sommità (che si può scorgere ingrandendo la fotografia), in cui si può ammirare il paesaggio delle cicladi tra i resti di un santuario.
Un binario divelto dalla furia delle acque. Vajont, 1963. Siamo più forti noi o la natura?
Le caratteristiche salienti che accomunano i due tra i più gravi disastri umani ed ecologici della nostra Repubblica, sono incredibilmente tanti e principalmente sono questi:
1) L'essere stati voluti ed ideati dal medesimo capitano d'industria, uomo di spicco del regime fascista;
2) Aver causato migliaia di morti;
3) Aver sfruttato impropriamente o inquinato uno dei quattro elementi della terra, l'acqua, ed esser stati due tra i più gravi disastri ambientali della nostra repubblica.
L’idea iniziale di un porto industriale in terraferma, cominciò a prendere forma alla fine del XIX secolo, dopo che a Venezia si era ormai capito che lo sviluppo di un moderno sistema industriale e portuale, indispensabile alle sorti economiche della città, e peraltro in essa già presente, poneva problemi insormontabili di accessibilità e di compatibilità con il tessuto urbano esistente [1]. Porto Marghera sorse concretamente nel 1917 da un’ idea di Giuseppe Volpi [2], e cioè quella della ‘grande Venezia’, industriale e moderna, frutto di ‘genialità’; costui rappresentava perfettamente l’espressione della cultura coraggiosa e spregiudicata dei capitani d’industria moderni, ignari dei rischi connessi all’evocazione delle forze sconosciute del progresso. Quando si pensa a Giuseppe Volpi come ad un d’annunziano uomo d’azione, ispirato da ideali protesi al bene della comunità, non si conosce probabilmente fino in fondo, il conflitto d’interessi insito nella volontà del Volpi di creare un distretto industriale in questa fascia delle gronda lagunare; Volpi che aveva a disposizione una abbondante liquidità di denaro, profitti eccezionali ottenuti con la guerra, dalle principali imprese energetiche e metallurgiche italiane, fu a lungo presidente della S.A.D.E. (Società Adriatica di Elettricità) [3], da lui costituita nel 1905. Aveva dunque tutto l’interesse perché nascesse un distretto industriale a cui poter fornire in seguito l’elettricità, in regime di monopolio. Se il Petrolchimico si è rilevato il più grave disastro ambientale di sempre della storia italiana, non è stato da meno, la costruzione da parte della stessa S.A.D.E., della diga del Vajont [4], pensata negli anni '40, ma realizzata solo alla fine degli anni '50 [5].
---------------Note-------------
[1] Divenuto ben presto necessario l'ampliamento della Stazione Marittima, si sviluppò un ampio dibattito dal quale emerse già nel 1902, ad opera di Luciano Petit, l'idea rivoluzionaria e decisiva per l'avvenire della città, di un nuovo porto in terraferma. Camillo Pavan, Porto Marghera, le origini , ristampa anastatica, dalla rivista “Le Tre Venezie”, giugno 1932. (http://www.camillopavan.it/) [2] Lettera di Giuseppe Volpi al direttore di “Le tre Venezie”, Palazzo San Beneto, Venezia 24 maggio 1932. [3] La S.A.D.E., a cui partecipavano alcuni personaggi del mondo economico veneziano, iniziò la sua attività di elettrificazione, acquistando alcuni impianti a Belluno, Cividale e Palmanova. Nel giro di pochi anni, grazie anche all'opera dell' ingegnere Achille Gaggia, chiamato dal Volpi a dirigere tecnicamente la società, attraverso una politica di acquisizione di piccole centrali locali, giunse a controllare un' area che andava dai confini orientali del paese fino a Verona e a Bologna. A metà degli anni '20, la S.A.D.E. aveva già raggiunto una dimensione di primo piano tra i grandi gruppi elettrici italiani. Anche se la produzione idroelettrica fu a lungo dominante (circa 320.000 KW alla fine degli anni '30), la S.A.D.E. era dotata di una serie di centrali termiche nel Veneto a Venezia, Padova, Soria (VR), nel Friuli e in Emilia Romagna. L'impegno maggiore nel settore termico, si ebbe tuttavia tra 1926 e il 1930, quando fu realizzata la grande centrale a carbone e nafta di Porto Marghera con una potenza di 57.000 Kw. L'impianto era stato chiaramente programmato da Volpi in relazione allo sviluppo del polo industriale di Marghera, di cui fu uno dei principali promotori (nel polo erano presenti industrie chimiche, elettrochimiche ed elettrometallurgiche con aziende come la Montecatini, la Vetrocoke, la Società Anonima Veneta Alluminio e più tardi l'AGIP). La stessa SADE era presente in alcune industrie metallurgiche come la San Marco e la Metallurgica Feltrina. Nel 1944, dopo l'arresto e la fuga di Giuseppe Volpi in Svizzera, per i suoi stretti legami con il governo fascista, la presidenza della S.A.D.E. passò ad Achille Gaggia, uomo di fiducia di Giuseppe Volpi. (http://www.enel.it) [4] Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, nei pressi di Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno. La storia di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre 1963 si elevò una giganteca ondata, che seminò ovunque morte e desolazione. La stima più attendibile è, a tutt'oggi, di 1910 vittime. Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. Fu aperta un'inchiesta giudiziaria. Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti. La zona in cui si è verificato l'evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere. (http://www.vajont.net/ - Sito ufficiale a cura del Comune di Longarone) [5] Il 30 gennaio 1929, la S.A.D.E. di Giuseppe Volpi chiese la concessione di derivazione del torrente Vajont per la produzione di energia elettrica, corredata dal progetto dell'ingegnere Carlo Semenza. Il 22 giugno del 1940, la S.A.D.E. del capitano d'industria Giuseppe Volpi chiese al Ministero dei lavori pubblici l'autorizzazione per utilizzare i deflussi del Piave, degli affluenti Boite, Vajont e altri minori, nonchè la costruzione di un serbatoio della capacità di 50 milioni di metri cubi creato mediante la costruzione nel Vajont, presso il ponte del Colombèr, di una diga alta 200 metri. Il 15 ottobre 1943 Giuseppe Volpi, nella sua qualita' di ministro dell'Industria in carica, grazie alla confusione di quei giorni di una Roma allo sbando, convoca e ottiene per la sua S.A.D.E. il voto favorevole del Consiglio Superiore Fascista dei Lavori Pubblici: alla riunione sono presenti 13 componenti sull'organico dei 34, dunque senza che neanche aver raggiunto il numero legale. Gli scavi, iniziarono nel settembre 1956 senza autorizzazione, e la diga fu pronta nel 1960.
Angelo d'Arrigo guidò per 5.300 km uno stormo di gru siberiane, specie in via d'estinzione, nate in cattività, reintroducendole così nel loro habitat naturale. Nel 2004 volò sopra l'Everest con un'aquila nepalese. Ha lottato per la salvaguardia dei Condor.
Ci sono persone che rimpiangi di non aver mai conosciuto, Angelo d'Arrigo è per me sicuramente tra queste. Il sito che ne ricorda le gesta e l'Uomo è http://www.angelodarrigo.com/
Ma chi è Angelo d'Arrigo? Ne riporto la biografia tratta da Wikipedia, l'enciclopedia gratuita:
Angelo D'Arrigo (Catania, 3 aprile 1961 - Comiso 26 marzo 2006), nato da madre francese e padre italiano, è stato un pilota di deltaplano detentore di vari record mondiali di volo sportivo. Laureato all'Università dello Sport di Parigi nel 1981, dopo aver ottenuto i brevetti di istruttore di volo libero con deltaplano e parapendio, di guida alpina e di maestro di sci, si distingue in gare internazionali vincendo campionati mondiali ed europei di volo libero. Abbandona poi il circuito agonistico dedicandosi a progetti che uniscono la sua passione per il volo con la ricerca scientifica aeronautica e sugli uccelli migratori, segnando vari record mondiali di traversata in volo senza motore. Nel 2001 sorvola il Sahara e il Mar Mediterraneo seguendo la rotta dei falchi migratori. Nel 2002 compie la traversata in deltaplano sulla Siberia. Il progetto, in collaborazione con il Russian Research Institute for Nature and Protection di Mosca, vede D'Arrigo guidare per 5.300 km uno stormo di gru siberiane, specie in via d'estinzione, nate in cattività, reintroducendole così nel loro habitat naturale. Nel 2004 vola sopra l'Everest con un'aquila nepalese, un altro record mondiale. L'avventura è raccontata nell'emozionante ''Flying Over Everest'' di Fabio Toncelli. Nel 2006 segue la rotta migratoria dei condor sulle montagne dellAconcagua nella Cordigliera delle Ande. Muore nel 2006 in un incidente durante una dimostrazione di volo a Comiso: l'aereo da turismo su cui si trovava come passeggero, pilotato da un Generale dell'Aeronautica Militare Italiana, precipita da un'altezza di 200 metri per cause ancora da stabilire. In memoria di suo marito, la vedova Laura Mancuso ha istituito la Fondazione Angelo d'Arrigo, un ente di benificenza. La Doc Lab - National Geographic Channel in associazione con Rai Uno,hanno prodotto il documentario di Marco Visalberghi "Nati per volare", dedicato ad Angelo d'Arrigo e alla sua battaglia per la salvaguardia dei condor, che è stato presentato in anteprima mondiale nel marzo 2007.
I record: Angelo d'Arrigo è attualmente detentore dei seguenti record: Prima traversata in solitario del Mediterraneo in deltamotore: Catania (IT) / Il Cairo (EG) Prima traversata in solitario del Sahara in deltamotore: Il Cairo (EG) / Casablanca (MA) Prima traversata del Sahara in deltaplano Prima traversata del Mediterraneo in deltaplano Prima traversata della Siberia in deltaplano Primo sorvolo dell'Everest in deltaplano Record di distanza deltamotore no stop: 1830 km Record di altitudine con deltamotore: 9.100 mt Record di altitudine con delta idrovolante: 6.500 mt Record di velocita ascensionale in deltamotore Record di altitudine in deltaplano sull'etna 6.480mt
Anch'io amo i volatili. Non oso immaginare quali emozioni si possano provare nel vedere volare un'aquila od un condor, come ha potuto provare Angelo. Ma chissà, la vita è bella proprio per questo, perchè è piena di sorprese. A proposito di sorprese. Nell'Aprile del 2006 è entrato nella mia vita un pappagallo davvero speciale, che ho chiamato Isidoro. La cosa incredibile che è entrato lui nella mia vita, atterrando sulla spalla dei miei genitori che in quel momento passeggiavano per Viale Garibaldi, un grande viale alberato di Mestre.
Isidoro, nelle sue tipiche pose maestose. Viene trattato come un Imperatore. Lui chiama, io corro.
L'estate del 2006 è scappato in maniera rocambolesca, ed è volato libero per il cielo di Mestre per 10 giorni. Era Luglio, e non si respirava dal caldo che faceva. Il Comune di Venezia aveva allertato i cittadini informando circa ondate di calore pericolose per la salute. Faceva un caldo atroce. Al decimo giorno da quando era volato via, quando proprio non nutrivo più nessuna speranza, mi son svegliato improvvisamente sentento cantare la sua compagna, Isabel. Erano le 7 del mattino, troppo strano. Mi sono affacciato al balcone e ho visto Isidoro che volteggiava intorno al mio palazzo. Ho cosparso il balcone di pannocchiette e di recipienti pieni d'acqua, ho messo la gabbia con la sua compagna Isabel per attirarlo e sono riuscito a riprenderlo, in modo rocambolesco, e giusto in tempo: stava morendo disidratato. Proprio perchè rispetto anche gli animali non mostro il video, in cui si vede che iniziò a cantare per ringraziarmi, quando subito dopo gli feci un bagno d'acqua fresca con lo spruzzatore, dopo i 10 giorni di calura. Ma è un video straziante; dove si capisce quanto un animale, possa volerti bene, se ti prendi cura di lui. Per parecchi mesi, ha avuto sintomi da schock, dovuti ai 10 giorni in cui non ha ne mangiato ne bevuto, e non è stato facile recuperarlo. C'erano dei momenti dove proprio si assentava,nascondendosi e mostrandosi ombroso. Ora si è ripreso completamente, e ha dato alla luce due splendidi pappagallini, che proprio in questi giorni stanno muovendo i primi passi.
18/10/2007 I piccoli di Isidoro
Mi è capitato di vedere macchine veloci, sfrecciare per le strade e colpire uccelli che niente possono con una società che si evolve a ritmi sempre più frenetici che non tengono conto dei ritmi della natura. La velocità ormai è tutto. Il treno deve andare sempre più veloce. Gli uccelli non popolano più le nostre città. Sono ben lontani i tempi in cui si raccontava ai bambini delle cicogne sui tetti o che si sentivano le rondini arrivare in città con la Primavera. Ora si sentono solo rombare i clacson delle persone che schiave delle loro stesse nevrosi cittadine, neanche più possono immaginare quali emozioni si possano provare nel vedere uno stormo di migratori in volo.
Nella mia tesi ho parlato molto degli uccelli, in particolare di quelli migratori, che non trovano più nella nostra laguna veneta un punto di riferimento sicuro. Ho scritto nella mia tesi, tra le tante considerazioni:
"Abbiamo una rappresentazione ben precisa di cosa sia un filo spinato, elemento a cui associamo immagini infelici, ma nella sostanza molto spesso nella progettazione della modernità applicata ai nostri usi e costumi, creiamo delle barriere subdole, senza preoccuparci minimamente delle conseguenze. Incentiviamo e ricerchiamo la velocità nelle autostrade, le linee ferroviarie ad alta velocità, i rapidi spostamenti attraverso i vettori aerei, e perdiamo dall’altro lato, la vista di un lento stormo di gru [1] alzarsi in volo, piuttosto che la vista di qualche rara cicogna [2]. I volatili sono in queste zone ad esempio, ovviamente visti e percepiti soltanto come un pericolo per i vettori aerei[3]."
[1] AA.VV, Venezia e le sue Lagune, II, Stab. Tip. Antonelli, Venezia 1847, p. 218. [2] AA.VV, Venezia e le sue Lagune, II, Stab. Tip. Antonelli, Venezia 1847, p. 2005; C. G. Filiasi, Memorie storiche dei Veneti primi e secondi, VI, Fenzo, Venezia 1796-98 , p. 176. [3] Un Decreto del Ministero dei Trasporti, ha costituito in quest’ultimi anni la Bird Strike Committee Italy (BSCI), un'apposita commissione per il controllo del livello di popolazione dei volatili negli aeroporti e per lo studio dei sistemi di prevenzione e di allontanamento. Nella realtà aeronautica, le collisioni tra uccelli ed aeroplani non comportano un grosso pericolo per i passeggeri. Dalle casistiche, non risultano casi d'impatto conclusi in modo drammatico. Questi inconvenienti avvengono quasi esclusivamente nelle fasi di atterraggio e decollo. Per ovviare a ciò, qualche aeroporto è ricorso allora ad un metodo che può essere definito ‘ecologico-naturale’. Si tratta dell'impiego dei falchi in funzione di ‘gendarmi’ aeroportuali. Quest'attività non ha riscontrato successo sul territorio nazionale, al punto che solo tre aeroporti usano questo sistema. Il primo esperimento fu fatto nell'aeroporto di Milano; gli attivi attualmente sono Torino Caselle, Ronchi dei Legionari in Friuli ed il Marco Polo di Tessera (VE). In quest’ultimo, i falchi ‘arruolati’ (della specie pellegrini, sacri ed altri) vivono in un particolare regime di semi-libertà. Passano abitualmente il loro tempo su un piccolo e anatomico supporto circolare, al quale sono simbolicamente assicurati da una cordicella. Una volta al giorno, anche se non c'è una reale necessità operativa, il falconiere fa volare, a turno, ogni soggetto. Prima viene controllato il peso e poi, con un cappuccetto in testa, vengono portati in una zona idonea dell'aeroporto. Fonte: Gianni di Lenardo, Responsabile del servizio di falconeria presso l'aeroporto "Marco Polo" di Venezia Tessera.
Da sempre, fin da quando ero piccolo, coltivo una passione sconfinata per la natura ed il paesaggio, intesi nella lora accezione più pura e incontaminata; da anni nei weekend ricerco le emozioni più vere visitando i nostri borghi veneti e limitrofi (in questi ultimi anni mi sono recato decine di volte ad Asolo (TV), Arquà Petrarca (PD), Borghetto (VR), Montagnana (PD), Sirmione (BS) ma anche Portobuffolè (TV), Soave (PD), Monselice (PD), Este (PD), Riva del Garda e tanti altri); può essere d'aiuto visitare http://www.borghitalia.it/ e http://www.touringclub.it/bandiere_arancioni/comuni.asp?area=comuni .
Mi sono innamorato dei colli asolani, dei colli euganei, dei monti lessini, del monte Baldo..(e della laguna veneta naturalmente); se avete voglia di visitare i parchi del veneto è utilissimo http://www.parchiveneto.it/ ; per quanto riguarda l'approccio con la laguna consiglio Valle Averto http://www.wwf.it/oasi/schedeoasi.asp e la passeggiata sull'argine destro del Taglio del Sile da Portegrandi a Caposile, dal quale è possibile ammirare la laguna Nord. Parallelo all'argine sinistro c'è la cosidetta strada Jesolana e il paesaggio di bonifica con i suoi casolari (Ca' Risorta, Ca' Speranza...); e perchè non spendere una parola per la Riviera del Brenta http://www.riviera-brenta.it/ con la stupenda Villa Pisani, che resiste con il suo fascino all'industrializzazione selvaggia?
L'ultimissima sopresa è stata Lazise sul lago di Garda, http://www.lazisecomune.it/ visitata il 06/10/2007 prima di festeggiare la chiusura di una famosa discoteca di Bardolino (VR), che consiglio http://www.hollywood.it/ per la sua splendida location (riaprirà primavera prossima).
Sono sempre più intollerante ai plastificati centri commerciali, coacervi di insegne pubblicitarie e manifestazioni di marketing aggressivo, ai galattici hotel con sale congressi, ai palazzi delle banche; sono sempre più attirato dai borghi storici, dalla casupola diroccata del contadino, dai castelli medioevali, dai paesaggi ancora incontaminati (sempre più rari), da tutto ciò che è stato costruito dall'uomo non in un'ottica economica; il mio pensiero si può sintetizzare in una frase bellissima di Francesco Petrarca, lettera a Francesco Bruni, 24 maggio 1371
"Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo."
Ora riporto un video, delle sequenze che ho tratto dal film il Gladiatore; questo è il paesaggio che veramente mi emoziona, e purtroppo invece, paradossalmente è il paesaggio che stiamo perdendo; un campo di grano, semplice e calmo, è sostituito da qualcosa di cemento, plastica, vetro, che sia frenetico ed alienante.
Riporto un appunto mio di qualche anno fa'
"passeggiando sui camminamenti paesaggistici di Riva del Garda e di Sirmione era percettibile come si sia creato un ciclo virtuoso turismo / paesaggio, per cui torpedoni di turisti, apprezzano i percorsi che costeggiano il lago, dove panchine paesaggistiche, percorsi "vita" per fare ginnastica e jogging, cura del verde pubblico fanno da padroni..insomma a Riva del Garda, veramente si rischia la perfezione in termini di "fruibilità del paesaggio". Tale perfezione non si è applicata, anche ai bordi lagunari. Il paesaggio delle laguna non è fruibile al grande pubblico se non in parte nell'oasi WWF Valle Averto e sporadicamente in altre zone sparse a macchia di leopardo, non in continuata comunicazione tra di loro".
E' notizia di ieri, che Al Gore abbia vinto il premio nobel per la pace, per "gli sforzi per costruire e diffondere una conoscenza maggiore sui cambiamenti climatici provocati dall'uomo e per porre le basi per le misure necessarie a contrastare tali cambiamenti"; ne esce ancora una volta sconfitta la politica del presidente G. Bush, cui fece bene il presidente Venezuelano a dire:
Dear Mr Danger, You are a donkey
Fra circa una settimana, il 15 Ottobre 2007, si celebrerà in tutto il mondo il Blog Action Day, ed il tema di quest'anno sarà l'ambiente. Se possiedi un blog e vuoi partecipare anche tu a questa iniziativa, tutto quello che dovrai fare sarà creare, per quel giorno, un post relativo all'ambiente, usando lo stile, forma o modo che meglio preferisci. Potrai scegliere un qualsiasi argomento legato all'ambiente e raccontarcelo. Organizza una giornata per la pulizia del tuo parco o della tua spiaggia, e condividi la tua storia. Se ti piace scrivere, inventati un racconto sul tema dell'ambiente. Hai un podcast, un videoblog o un fotoblog? Partecipa anche tu! L'idea alla base dell'iniziativa è proprio quella di creare un effetto di massa, condividendo più storie e idee possibili tutti insieme.Se hai intenzione di partecipare, registra ora il tuo blog assieme agli altri 7000 che l'hanno già fatto! Puoi inoltre visitare il sito ufficiale del Blog Action Day blog per maggiori informazioni su come anche i blogger possono cambiare il mondo.
The Charge of the Light Brigade at Balaklava by William Simpson, 1855. From Simpson's The Seat of War in the East, second series.
Nel dipinto, si può chiaramente notare, come i 673 (secondo alcune fonti 661) cavalieri inglesi (nel dipinto al centro), si ritrovarono nella valle in mezzo alla fanteria, artiglieria e cavalleria russa che li circondavano sui fianchi dei monti.
Nel file qui sopra la ricostruzione storica della Battaglia di Balaclava
1.Carica della brigata pesante
2.Sottile linea rossa
3.Carica della brigata leggera
4.Carica degli Chasseurs d'Afrique
Il terreno di battaglia consisteva di due valli divise da basse colline e creste e consisteva di prateria aperta. La forza britannica era divisa tra le due valli, in quella meridionale si trovava la brigata pesante di cavalleria britannica, mentre in quella settentrionale si trovava la brigata leggera (il 4° e 13° Light Dragoons, 17° Lancers, e l'8° e 11° Hussars), al comando del major general James Thomas Brudenell, marchese di Cardigan. Il comando globale della cavalleria britannica era di George Charles Bingham, marchese di Lucan. Era presente anche una forza francese. Sulle alture Causeway correva la strada Woronzoff, importante perché collegava Balaclava alle fortificazioni di assedio intorno a Sebastopoli. Su di esse si trovavano sei ridotte sorvegliate da truppe Turche e protette da cannoni navali da 12 libbre. Da notare che mentre il comandante in capo britannico Lord Raglan trovandosi sulla cresta Sapounè aveva piena visuale del campo di combattimento, i comandanti della cavalleria trovandosi nelle valli avevano una conoscenza della situazione più limitata. L'esercito russo era significativamente maggiore di quello degli alleati, ma era ostacolato da una cattiva disciplina, cattivi comandanti e armi inferiori. Liprandi comandava direttamente una forza di 25 battaglioni di fanteria, 23 squadroni di cavalleria, 13 squadroni di cavalleria leggera Cosacca e 60 cannoni. Ulteriori forze russe di appoggio si trovavano sulle colline di Fedyukhin al comando del generale Jabrokritski (7 battaglioni e 14 cannoni).
Siamo nell' Ottobre 1854 in Crimea. La carica dei 600 (cavalleggieri inglesi) è un episodio cruento della battaglia di Balaclava, durante la Guerra di Crimea, in cui si scontrarono le forze alleate del Regno Unito, della Francia e dell'Impero Ottomano contro la Russia. Fu il primo dei due tentativi della Russia di rompere l'assedio di Sebastopoli, attaccando il campo britannico di Balaclava, importante base di rifornimento, e prendendo alle spalle le forze assedianti. Nella battaglia si verificarono due famosi episodi della storia militare britannica: la sottile linea rossa (il 93° Highlanders rimase saldo di fronte ad una carica della cavalleria russa) e la carica della brigata leggera/Carica dei 600 quando la brigata leggera britannica caricò frontalmente una batteria russa, completamente circondata sui fianchi dalla fanteria e artiglieria russe. Per capire il contesto della battaglia, durante la quale si sviluppò la disastrosa carica dei 600 cavalleggieri inglesi, può essere utile guardare l'immagine precedente, soprattutto al punto 3. Andiamo per ordine: furono i russi ad attaccare il campo inglese di Balaclava.
Campo Inglese di Balaclava
Balaclava è un piccolo porto a sud di Sebatopoli, nella penisola di Crimea: l'esercito europeo corso in aiuto dei turchi ottomani attaccati dai russi, ha qui la sua base logistica. Dalla sua piccola insenatura parte il cordone ombelicale che collega le forze assedianti Sebastopoli alla madrepatria.Per tagliare quel cordone, il 25 ottobre del 1854 i russi sferrarono un deciso attacco contro le difese di Balaclava. Gli alleati sono colti di sorpresa: la prima cerchia difensiva, un gruppo di ridotte poste sul crinale di una collina, è tenuta da poche truppe turche, e venne conquistata di slancio. L'avanzata russa fu arrestata quando ormai era quasi alle porte di Balaclava da una "sottile linea rossa" formata dal 93mo reggimento Scozzese, che resistette saldamente agli attacchi nemici.
Ma cos'è "la sottile linea rossa"?
Sir Colin Campbell comandante del 93° Highlander formò i suoi uomini in una linea profonda due uomini - la "sottile linea rossa". La linea normalmente avrebbe dovuto essere profonda quattro uomini, ma per coprire l'accampamento questa aveva dovuto essere allungata. Pare che Campbell abbia detto ai suoi uomini "Da qui non c'è ritirata uomini. Dovete morire là dove vi trovate", al che il suo aiutante di campo John Scott replicò "Sì, sir Colin. Se è quello che serve lo faremo". Colin ordinò il fuoco una prima volta alla distanza massima, ma i Russi continuarono la carica, quindi attese fino a che non furono distanti meno di 50 metri prima di ordinare di fare fuoco per la seconda volta. Questa volta i russi ruppero la carica e si ritirarono. Fu il corrispondente del Times William H. Russell che osservando l'azione dalla cresta di Sapouné coniò l'espressione "sottile linea rossa", quando scrisse che non poteva vedere nient'altro, tra i russi in carica e la base britannica di Balaclava, che una thin red streak tipped with a line of steel ("un sottile nastro rosso da cui spuntavano punte d'acciaio" ). Riassunta popolarmente in "la sottile linea rossa" la frase divenne un simbolo, giusto o sbagliato, per il sangue freddo dei soldati britannici.
I russi, però, rinnovarono la minaccia lanciando nella mischia la loro cavalleria, che venne a sua volta fermata dalla Brigata della cavalleria pesante inglese, con gravi perdite. Era il momento per lanciare una controffensiva e Lord Raglan, capo delle forze britanniche, ordinò al Duca di Lucan, comandante della Divisione di cavalleria, di "avanzare per recuperare le alture, con il sostegno della fanteria": questa decisione farà entrare nella storia la "Brigata leggera" con la famosa "Carica dei Seicento", uno degli eventi più eroici e futili della storia militare.
L'ordine scritto era il seguene: Lord Raglan wishes the cavalry to advance rapidly to the front, follow the enemy, and try to prevent the enemy carrying away the guns. Horse artillery may accompany. French cavalry is on your left. Immediate. ("Lord Raglan desidera che la cavalleria avanzi rapidamente, segua il nemico e tenti di impedirgli di portare via i cannoni. La cavalleria dell'artiglieria può accompagnarla. La cavalleria francese è alla vostra sinistra. Eseguite subito").
L'ordine venne affidato al capitano Louis Edward Nolan del 15° Hussars che si precipitò a consegnarlo al marchese di Lucan, comandante della brigata leggera. Questi non comprendendo che l'ordine si riferiva alle ridotte occupate dai russi sul fianco destro (che non erano visibili dalla sua posizione) chiese a Nolan a quali nemici e a quali cannoni si riferisse l'ordine. Questi rispose alzando il braccio in direzione dell'altra estremità della valle e dicendo
There is your enemy. There are your guns, My Lord. ("Là c'è il vostro nemico. Là ci sono i vostri cannoni, mio Signore").
In fondo alla valle si trovava una batteria di otto cannoni russi dietro cui si era raggruppata la cavalleria russa in precedenza respinta dalla carica della brigata pesante e dal 93° Highlander.
Il marchese di Lucan irritato dalla risposta di Nolan ordinò al marchese di Cardigan di condurre alla carica la sua brigata contro il fondo della valle e questi dopo un breve alterco ordinò alla sua brigata di montare conducendola nella valle. Dal suo posto di osservazione il comando britannico assistette inorridito all'avanzata del marchese di Cardigan che condusse i suoi 673 (secondo alcune fonti 661) cavalieri nella valle, in mezzo alla fanteria, artiglieria e cavalleria russa che li circondavano sui fianchi dei monti. La prima fila era formata dal 13° Light Dragoon (a destra) e dal 17° Lancers (a sinistra). In seconda linea cavalcava l'11° Hussars, in terza fila l' 8° Hussars e il 4° Light Dragon. Il marchese di Lucan seguì con la brigata pesante ma si arrestò quando si rese conto dell'intensità del fuoco lasciando che la brigata leggera caricasse da sola.
Pare che il capitano Nolan, che si era unito ai ranghi del 17° Lancers, essendo amico dell'ufficiale che li comandava si rese conto dell'errore e che cavalcò di fronte al marchese di Cardigan ondeggiando la spada, ma fu una delle prime vittime del fuoco russo. La valle era lunga circa 2 km ed al passo di trotto la brigata leggera rimase sotto il fuoco dei russi sui fianchi della valle per diversi minuti, giungendo infine di fronte alla batteria che occupava la bocca della valle che prese d'infilata la brigata. La brigata leggera riuscì comunque a caricare e ingaggiare le forze russe in fondo alla valle e a forzarle a ritirarsi dalla batteria, il 13° Light Dragoons con lo squadrone destro del 17° Lancers caricò direttamente la batteria attaccando gli artiglieri, mentre lo squadrone sinistro del 17° Lancers caricò la cavalleria russa dietro di esso, infine l'11° Hussars caricò anch'esso la cavalleria respingendola fino all'acquedotto. Comunque la brigata leggera venne ben presto forzata a ritirarsi venendo attaccata durante il ritorno da elementi della cavalleria russa che emersero dai fianchi delle colline..
Nel frattempo la cavalleria coloniale francese, il 4° Chasseurs d'Afrique ruppe la linea russa sulle colline Fedyukhin e successivamente coprì i rimanenti elementi della brigata leggera mentre questi si ritirarono.
La valle venne successivamente soprannominata "Valle della Morte" dal poeta Tennyson, che compose il famoso poema The Charge of the Light Brigade.
Il marchese di Cardigan sopravvisse alla battaglia e successivamente descrisse lo scontro in un discorso alla Mansion House in Londra, che successivamente venne citato alla Camera dei Comuni:
(EN) "We advanced down a gradual descent of more than three-quarters of a mile, with the batteries vomiting forth upon us shells and shot, round and grape, with one battery on our right flank and another on the left, and all the intermediate ground covered with the Russian riflemen; so that when we came to within a distance of fifty yards from the mouths of the artillery which had been hurling destruction upon us, we were, in fact, surrounded and encircled by a blaze of fire, in addition to the fire of the riflemen upon our flanks."(IT) "Avanzammo lungo il pendio declinante per più di tre quarti di miglio, con le batterie che vomitavano fuoco e fiamme su di noi, palle piene e a mitraglia, con una batteria sul nostro fianco destro e un'altra su quello sinistro e tutto il terreno in mezzo coperto di fucilieri russi; così che quando fummo ad una distanza di circa cinquanta metri dalle bocche di artiglieria che stavano scagliando distruzione su di noi, eravamo, in effetti, circondati da un alone di fuoco, in aggiunta agli spari dei fucilieri sui nostri fianchi"(EN) "As we ascended the hill the oblique fire of the artillery poured upon our rear, so that we had thus a strong fire upon our front, our flank, and our rear. We entered the battery - we went through the battery - the two leading regiments cutting down a great number of the Russian gunners in their onset. In the two regiments which I had the honour to lead, every officer, with one exception, was either killed or wounded, or had his horse shot under him or injured. Those regiments proceeded, followed by the second line, consisting of two more regiments of cavalry, which continued to perform the duty of cutting down the Russian gunners."(IT) "Mentre ascendevamo la collina il fuoco obliquo dell'artiglieria ci prese alle spalle così che avevamo un forte fuoco sul davanti, sui fianchi e dietro. Entrammo nella posizione della batteria - passammo attraverso la batteria - i due reggimenti di fronte abbattendo un grande numero di artiglieri russi nella loro carica. Nei due reggimenti che ho avuto l'onore di condurre, ogni ufficiale, con un'eccezione, fu ucciso o ferito o ebbe il suo cavallo ucciso o ferito sotto di lui. Questi reggimenti proseguirono, seguiti dalla seconda linea consistente in altri due reggimenti di cavalleria che continuarono a svolgere il loro dovere di abbattere gli artiglieri russi."(EN) "Then came the third line, formed of another regiment, which endeavoured to complete the duty assigned to our brigade. I believe that this was achieved with great success, and the result was that this body, composed of only about 670 men, succeeded in passing through the mass of Russian cavalry of - as we have since learned - 5,240 strong; and having broken through that mass, they went, according to our technical military expression, "threes about," and retired in the same manner, doing as much execution in their course as they possibly could upon the enemy's cavalry. Upon our returning up the hill which we had descended in the attack, we had to run the same gauntlet and to incur the same risk from the flank fire of the Tirailleurs [riflemen] as we had encountered before. Numbers of our men were shot down - men and horses were killed, and many of the soldiers who had lost their horses were also shot down while endeavouring to escape."(IT) "Quindi venne la terza linea, formata da un altro reggimento, che riuscì a completare l'incarico assegnato alla nostra brigata. Credo che questo fu un grande successo, e il risultato fu che questo corpo di soli 670 uomini riuscì ad attraversare la massa della cavalleria russa forte di, come apprendemmo in seguito, 5.240 uomini. Ed essendo passati attraverso quella massa, essi, come diciamo noi militari, andarono "threes about" e si ritirarono nella stessa maniera, infliggendo nel loro percorso quante più perdite poterono alla cavalleria nemica. Nel ritornare su per la collina che avevamo disceso nel nostro attacco, dovemmo affrontare la stessa sfida e incorrere nello stesso rischio del fuoco sui fianchi dei fucilieri già incontrati. Numerosi nostri uomini furono abbattuti - uomini e cavalli furono uccisi, e molti dei soldati che avevano perso il cavallo vennero uccisi mentre cercavano di scappare."(EN) "But what, my Lord, was the feeling and what the bearing of those brave men who returned to the position. Of each of these regiments there returned but a small detachment, two-thirds of the men engaged having been destroyed? I think that every man who was engaged in that disastrous affair at Balaklava, and who was fortunate enough to come out of it alive, must feel that it was only by a merciful decree of Almighty Providence that he escaped from the greatest apparent certainty of death which could possibly be conceived."
(IT)"Ma quale, mio Dio, fu il sentimento e quale il portamento di quegli audaci uomini che tornarono alle loro posizioni. Di ognuno di quei reggimenti non tornò che un piccolo distaccamento, due terzi degli uomini che diedero battaglia erano stati uccisi? Io penso che ogni uomo che fu coinvolto in quel disastroso affare a Balaclava, e che fu tanto fortunato da tornare vivo, debba aver provato che fu solo per un decreto pietoso della Divina Provvidenza che era sfuggito da quella che appariva come la più grande certezza di morte che si potesse concepire."
Camera dei Comuni, 29 marzo 1855
Nonostante la leggenda racconti che la brigata venne completamente annientata in realtà pur soffrendo pesanti perdite non venne completamente distrutta, in totale subì circa 118 morti, 127 feriti e 362 cavalli persi. Dopo essersi raggruppati solo 195 uomini erano ancora a cavallo. La futilità dell'azione e la sua audacia sconsiderata spinsero il Maresciallo di Francia Pierre Bosquet ad affermare:
(FR) « C'est magnifique, mais ce n'est pas la guerre »
(IT) « É stato magnifico, ma questa non è guerra »
Si dice che i comandanti russi abbiano inizialmente creduto che i soldati britannici fossero ubriachi. La reputazione della cavalleria britannica venne considerevolmente migliorata in conseguenza di questa carica, ma non si può dire lo stesso di quella dei loro comandanti. Nonostante l'arrivo dei rinforzi di fanteria inglese non vennero intraprese ulteriori azioni e i russi rimasero in controllo delle alture e della strada.
Per chi volesse approfondire, può visionare il film: I seicento di Balaclava (The Charge of the Light Brigade). Un film di Tony Richardson. Con David Hemmings, Trevor Howard, Harry Andrews, John Gielgud, Vanessa Redgrave, Jill Bennett. Genere Guerra, colore 141 (130) minuti. - Produzione Gran Bretagna 1968.
Con il termine megaprojects normalmente s’intendono quei progetti il cui costo è nell’ordine di miliardi di Euro. La realizzazione di grandi opere ha sempre accompagnato l’evoluzione delle civiltà umane; da quella egizia a quella babilonese, dalla greca alla romana, alla cinese e via via fino ai giorni nostri, queste opere o il loro ricordo è giunto fino a noi e ci ha spesso permesso di avere importanti informazioni sullo sviluppo dei popoli che le hanno realizzate.
L'île d'AZ
L’architetto francese Jean-Philippe Zoppini personaggio non nuovo a progetti ambiziosi (il suo studio ha partecipato a una gara d'appalto per la progettazione di un'isola artificiale a Dubai e altri progetti marittimi) ha disegnato una supernave o meglio, dato le sue misure, una vera e propria isola galleggiante. Questa “isola”, L'île d'AZ, sarà un enorme complesso turistico lungo 400 metri per 80 metri di altezza avrà forma ovoidale per una larghezza di 300 metri. Capace di ospitare 10 mila persone al suo interno conterrà addirittura un lago artificiale. Verrà mai costruita? Se qualche armatore, decide di costruirla, per incentivarlo, gli mando per posta la cassetta del Titanic...forza e coraggio!!! eh eh
La vita è una continua sequenza di situazioni in cui bisogna prendere delle decisioni. Molte di queste hanno conseguenze poco importanti, alcune vengono prese in maniera istintiva senza sviluppare pensieri coscienti. Ma vi sono diverse decisioni, molte delle quali prese in condizioni di incertezza, che ci impongono dei ragionamenti perché hanno delle conseguenze più rilevanti: la popolazione dell’ entroterra veneto, di fronte alle invasioni barbariche del V e VI secolo, scelse l’ ‘opzione insulare’ in risposta alle distruzioni ed al disordine; tale ‘valutazione’, ripagò gli astanti e le generazioni successive, assicurando in primis la protezione ed una mera sopravvivenza, e più tardi garantendo una impareggiabile prosperità commerciale e culturale, che perdurò per molti secoli; tuttora l’ ‘opzione insulare’, viene remunerata da un turismo internazionale costante e notevole.
Le zone costiere, aree “sensibili” in cui si registra un’ eccessiva densità demografica, sono saturate da attività spesso tra loro conflittuali, e debbono convivere con l’inquinamento, la distruzione degli habitat, la diminuzione della biodiversità, l’eutrofizzazione, l’erosione delle coste. Turismo, acquacoltura, pesca, diporto nautico e porti turistici, trasporti marittimi e intermodali e connesse infrastrutture, sfruttamento di giacimenti petroliferi e minerari, proprietà pubblica e privata.
Da alcuni anni, in alcune particolari zone del Mondo, vengono costruite vere e proprie isole artificiali.
Maldive: isola artificiale di Hulhumalé.
La neonata isola copre attualmente una superficie di 188 ettari, più o meno la dimensione dell' isola di Malé, la capitale, ma dovrebbe raddoppiare nella prossima fase di bonifica, che inizierà nel 2010. La creazione è costata finora 63 milioni di dollari tra bonifiche e lavori vari. L'area dell'isola di Malé era già stata raddoppiata con diverse tecniche, ma ora si è raggiunto il limite naturale: la barriera corallina, oltre la quale il fondale oceanico declina bruscamente. Malé, sovraffollata capitale dell'arcipelago, è un'isola di appena 800 metri di larghezza per 2 km di lunghezza, dove 75.000 persone vivono in condizioni spesso difficili a causa della congestione delle strade e della mancanza di spazi aperti. Il presidente delle Maldive Maumoon Abdul Gayoom, che ha promosso il "progetto Hulhumalé", sta offrendo incentivi e sconti fino al 40% sui terreni rispetto ai prezzi della capitale, per chi accetti di trasferirsi.
Ma la vera novità è rappresentata dalle isole artificiali di “Palm island” e “The world”, in fase di costruzione nell'incredibile Dubai.
Verrà realizzato al largo di Dubai sul Golfo Persico, sarà composto da 300 isole composte in modo tale che viste dall’alto formino l’intero planisfero terrestre. Volendo si potrà comprare una di queste isole il cui prezzo varia a seconda della dimensione tra 6,2 a 36,7 milioni di dollari. I lavori per la costruzione di questo paradiso artificiale sono già cominciati e sarebbero dovuti finire per la fine del 2005.Le 300 isole nel World copriranno un’area totale di più di 55.000.00 m2 ed assicureranno a Dubai ulteriori 200 km di costa
Fotografia aerea dello stato dei lavori delle isole artificiali di Palm Island. Verranno costruite delle isole artificiali sistemate in modo da formare un albero di palma. Esse alla fine formano un complesso dove troveranno posto 500 appartamenti, 2.000 ville, 25 hotels e 200 negozi di lusso. Alla fine dell’opera saranno creati 125 chilometri di costa artificiale in più lungo il litorale.
Ed in Italia? Qualcosa si muove anche in Italia. Nel nostro piccolo anche nella laguna veneta, le isole artificiali non mancano proprio. (basti pensare alle casse di colmata, predisposte negli anni '60 per l'espansione di Porto Marghera). L'ultima ad esempio è l'isola artificiale di 9 ettari (ed altri 4,5 sommersi), lunga 500 metri e larga 100-200, prevista dal progetto MO.S.E., per alloggiarvi edifici, serbatoi e officine necessari al funzionamento delle paratie. [1]
Anche a Genova, il mare ha le ore contate: il progetto del nuovo porto-fabbrica di Genova realizzato da Renzo Piano potrebbe cambiare radicalmente l’area portuale del capoluogo ligure raddoppiando la superficie già esistente, recuperando numerosi ettari di spiaggia per la città, creando nuove zone verdi e realizzando due isole artificiali, una per il nuovo aeroporto e l’altra per l’attività di cantieristica navale. Un lavoro molto complesso che richiederà 18 anni di lavori e 4 miliardi di euro di investimento. Per occuparsi del tutto è stata creata un’agenzia, Waterfront & Territorio. Il nuovo porto è stato progettato dall’architetto in soli 6 mesi, seguendo in linea le banchine già esistenti, raddoppiando la superficie attuale (da 200 a 435 ettari) con l’ allargamento dei diversi attracchi turistici inclusa l’area della Fiera navale, ma riguadagnando spazio. 33 ha di maree verranno così convertiti in spiagge per la città e il vecchio scalo aeroportuale verrà abbandonato in favore di una nuova isola artificiale (sul modello del progetto di Piano per lo scalo giapponese di Osaka), lunga 3.620m e larga 390, posizionata di fronte alla pista attuale, su pali e cassoni di cemento armato affondati, grazie alla quale il traffico aereo sarà incrementato del 30%. Sull’isola, oltre alle piste, agli hangar, agli spazi e alle attrezzature per gli aerei, troveranno posto anche la torre di controllo e un terminal per i passeggeri. Una seconda isola artificiale, lunga 2 Km e larga 150 m, verrà invece realizzata di fronte al Bacino di Sampierdarena. Essa sarà la nuova sede dei cantieri navali e sarà dedicata esclusivamente alle attività proprie del settore e alla riparazione di grandi navi. Entrambe le isole saranno collegate alla terraferma attraverso un tunnel in parte sotterraneo in parte sottomarino.
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[1] Il paesaggio della Gronda lagunare, del tutto peculiare, è uno tra i più ‘obliterati’ dalle infrastrutture dell'uomo, che hanno distrutto o ignorato tutti gli affacci lagunari, che permettevano un rapporto diretto tra terraferma e laguna. Queste zone umide, erano fondamentali, per l'avifauna selvatica e perchè abbattevano i carichi inquinanti attraverso processi di fitodepurazione, e fungevano da aree tampone, permettendo alla marea di avanzare e ritirarsi naturalmente; si sono ‘irrigiditi’ tutti gli affacci lagunari, con argini cementizi, con casse di colmata e imbonimenti, negando anche alla cittadinanza il rapporto con la laguna (fanno eccezione il Parco di San Giuliano, l’oasi di Valle Averto, il tratto Portegrandi – Caposile lungo l’argine del taglio del Sile, tutti punti non in continuata comunicazione tra di loro). Tratto da: Sciretti Alberto, Il Paesaggio della Gronda della laguna Nord, Università Ca’ Foscari di Venezia a.a. 2004/05.
Non ho memoria di un' estate della mia vita che non sia trascorsa senza che i giornali riportassero notizie di rovinosi incendi un po' in tutta Europa; tutti gli anni, dopo l'appuntamento con la morte di decine e decine di persone arse vive e con devastanti distruzioni della macchia mediterranea si sollevano le solite polemiche: ma di chi è la colpa?
Da una interrogazione parlamentare (Legislatura 14 Atto di Sindacato Ispettivo n° 2-00373 Atto n. 2-00373 Pubblicato il 29 aprile 2003 Seduta n. 385 TESTO DISPONIBILE), si può desumere chiaramente come la responsabilità dei singoli Stati come istituzioni sia altissima, ed anche dell' Europa quale istituzione nascente, che non si è ancora dotata di una flotta aerea comune, che combatta questo fenomeno. Non ho memoria infatti, di nessun presidente del consiglio, che davanti al proprio paese abbia affrontato la cruda realtà, promettendo l'acquisto di 50 piuttosto che di 100 velivoli per la lotta contro gli incendi (potranno sembrare cifre spropositate ma anche soltanto una vita umana risparmiata alla terribile morte per arsura, vale per il sottoscritto l'acquisto anche di 1000 velivoli. Questo per me è uno Stato con la S maiuscola). Dalla medesima interrogazione parlamentare si desume come l'Italia nel 1998 fosse dotata di soli 14 velivoli Canadair CL415; 14 velivoli?! Io spero che questo dato, non lasci indifferenti, anche se forse lo troverà scandaloso solo chi ha chiesto aiuto perchè vedeva tutti i suoi risparmi andare in fumo, e si è visto rispondere che l' intera flotta statale dei canadair era impegnata altrove. Già perché quei pochi velivoli che ci sono, a volte sono impegnati tutti contemporaneamente, con grande stress per i bravissimi piloti che li pilotano.
Secondo la protezione civile “Qualsiasi punto del Paese è raggiungibile entro 60/90 minuti dal decollo. Attualmente il Dipartimento della Protezione Civile può disporre di 16 Canadair, 4 elicotteri S 64, 6 elicotteri del C.F.S. (2 AB 412 e 4 NH 500), 2 elicotteri AB 212 della Marina Militare, 3 elicotteri dell'EI (1 CH 47, 1 AB 212, 1 AB 205), 1 elicottero AB 212 dell'A.M. 2 AB 412 dei VV.F. A questi mezzi si aggiungono quelli in dotazione alle Regioni. Inoltre la Protezione Civile ha stretto un accordo di reciproco aiuto con la Francia: i nostri aerei intervengono in Corsica ed in Costa Azzurra, quelli francesi in Liguria, Sardegna, Piemonte, Valle d'Aosta e Toscana.”
Durante questa estate 2007, che verrà ricordata più o meno come le ultime, proprio per i terribili incendi che hanno flagellato l'Europa, sembra prioritario scagliarsi contro i piromani, mettere delle taglie, inasprire le pene (provvedimenti tutti sacrosanti) ma nessuno pensa al fatto che in fondo ipiromani, figli di Nerone, sono sempre esistiti; i mass media focalizzano l'attenzione solo di loro, tracciandone morbosamente profili psicologici e dimenticano di mettere in luce come l'intero impianto di sicurezza per lo spegnimento degli incendi boschivi sia antiquato almeno quanto il suo velivolo simbolo, il Canadair. Questo è il dato saliente della questione, questa è la notizia.
Canadair in azione
Gli attuali velivoli, Canadair CL-415 chiamati anche Bombardier Aerospace 415, sono stati introdotti nel 1994, su una rivisitazione del Canadair CL-215 il cui primo volo risale al 23 Ottobre 1967; la capacità del modulo antincendio è di 5.346 litri, autonomia di volo di 6 ore, e tempo di rifornimento estinguente di 12 secondi; è davvero un peccato che l'essere umano, non sia progredito anche in questo settore, dopo essere sbarcato sulla luna nel 1969; forse è ancora più incredibile che un paese come il nostro dipenda dalla funzionalità di soli 14 o 16 apparecchi per lo spegnimenti dei grandi incendi.
Quali soluzioni, oltre a quella più ovvia, e quindi più disattesa, di implementare il parco macchine dei velivoli in dotazione? Navigando sul web ho trovato su un blog questa accattivamente testimonianza:
“Sono rimasto affascinato da questo aereo (il rumore dei motori è stupendo) che ho visto in azione a Maratea nell'estate del 2005. http://www.airliners.net/open.file?id=1046235 Era in corso un incendio e vedevo svolazzare i soliti Canadair e qualche elicottero. Ad un certo punto gli altri aerei sono spariti, ho sentito un sibilo, ho alzato gli occhi ed ho visto questo aereo...con i finestrini...del tutto simile ad un aereo civile e mi sono chiesto cosa ci facesse a bassa quota nel mezzo di un incendio un jet passeggeri. Poi ho visto sganciare l'acqua ed ho capito che era (anche ) un aereo antincendio. Poichè non ne ho più visti, nè mi risulta che la Protezione Civile li abbia in dotazione chiedo ai più esperti qualche notizia in più sull'aereo e sul suo utilizzo in Italia. E' un aereo versatile e interessante, su youtube ci sono video anche per operazioni di salvataggio in mare".
E così mi sono informato meglio, scoprendo che il velivolo in questione si chiama Beriev BE 200, ed è un grande idrovolante a reazione antincendio russo (solo l’Unione Sovietica ha continuato a produrre grandi idrovolanti). Si tratta di una macchina di grandi dimensioni, capace di una portata di oltre 12.000 litri di acqua (più del doppio del Canadair e dei maggiori elicotteri oggi in servizio). Guardate questo video dell'aereo in azione, davvero impressionante http://it.youtube.com/watch?v=AdJzxrz1AGo
Sembra che la nostra protezione civile ne abbia acquistato uno o noleggiato in leasing nel 2005, e che sia stato pilotato da personale italiano coadiuvato da personale russo (lo deduco da alcune testimonianze “l'anno scorso l'ho visto in zona di Olbia (era basato come gli altri Canadair) all'opera nello spegnimento di un incendio. Impressionante”. Ma poi il progetto deve essere decaduto per problemi burocratici (sembrerebbe che la ragione fosse perché l'aereo non era più autorizzato a volare nei cieli italiani per gravi problemi di manutenzione; forse l'operatore russo era stato iscritto nella celebre Black List comunitaria, ma le notizie non sono chiare).
Sarà pure demagogia, ma trovo mediocre una qualsiasi società in cui, anche una società privata, possa arrivare a pagare l'arte di una persona di calciare una palla, 10 o 20 milioni di euro all'anno (il giocatore più pagato al mondo nel 2006 risulta Ronaldinho con 22,5 milioni di euro - Fonte Il Sole 24ore), e poi per quanto riguardi i costi della sicurezza, come l'acquisto di numerosi velivoli antincendio, sembra che i soldi non ci siano mai.
Le risorse andrebbero impiegate per implementare in modo consistente la flotta aerea esistente in modo serio e non parsimonioso, e se necessario acquistare anche mostri come questo: 10 Tanker Air Carrier, sembrerebbe capace perfino di "allagare", oltre che di aggredire vasti incendi. (scarica 45,600 litri di acqua o liquido ritardante!!!!) Guardatelo in questo video (è un modello simile dello stesso tipo): http://it.youtube.com/watch?v=Ui_PC0XJvhU
Paradossalmente in Italia, in Spagna, in Grecia, in Portogallo, si risparmia sulle flotte antincendio senza pensare quanto costa in termini di vite umane e danni, un vasto incendio boschivo che non si riesce a circoscrivere. L'unica soluzione seria quindi, mi pare sia quella di implementare in modo consitente (raddoppiare?), il numero di velivoli adibiti alla salvaguardia del patrimonio boschivo italiano e delle nostre vite.
10 Tanker Air Carrier
Mauro Corona in "Le voci del bosco" scrive: "Non esiste sulla terra nessun motivo che possa scusa l'incendio doloso di un bosco. Reputo tale azione grave come un omicidio, se non superiore. E andrebbe punita di conseguenza".
Alberto sul quad; sullo sfondo i mulini a vento e le batterie veneziane a Ios.
Sono tornato da pochi giorni, e senza paura di esagerare grido che le Cicladi sono un sogno ad occhi aperti; mentre scrivo, in sottofondo, per tenere ben vive le emozioni della vacanza ho la canzone dell'estate 2007 che li spopolava ..vero tormentone con il ritornello "My dream is to fly Over the rainbow so high..", gridato a squarciagola un po’ da tutti nelle notti brave delle Cicladi; la canzone in questione è “Rise Up” di YVES LAROCK (ma a tratti si sentiva anche una delle mie canzoni preferite dell’estate, la bellissima “Relax” di MIKA, con il ritornello “Take it easy…”). Iniziamo seriamente con Santorini, a mio avviso la più internazionale delle tre isole; mentre a Ios e Mykonos spopolano infatti quasi del tutto solo Italiani, anzi i più coatti dei più coatti degli Italiani, a Santorini si sente parlare anche Inglese, con la presenza, sempre in minoranza rispetto in ogni caso agli Italiani, di Inglesi, Australiani, Americani etc. etc.
Santorini, è il gioiello paesaggistico delle Cicladi: ideale per coppie innamorate, ma anche per visitatori in cerca di paesaggi inusuali, rappresenta la location romantica ideale, con i suoi paesaggi infuocati, a rimembrare l’esplosione vulcanica che diede forma all’attuale conformazione dell’isola. A Santorini, nonostante la sabbia vulcanica nera scotti (parlo della spiaggia nera di Perivolos vicino a Perisssa), ed il sole infuocato non manchi mai (quindi consiglio di partire con una crema a protezione 30, anche per chi vanta una pelle non delicata), c’è un vento forte costante che rinfresca. Il forte vento in verità è stato una costante per tutte e tre le settimane nelle isole Cicladi. A Santorini, non si possono sicuramente non frequentare le decine di stabilimenti balneari attrezzati della spiaggia di Perivolos (Perissa), accoglienti per i drinks pomeridiani (mediamente costa 5 euro) e di ritorno dal mare vi si può mangiare anche qualche piatto tipico (insalata greca 4,5 euro ad esempio); insomma i prezzi non sono proibitivi, ed il modo loro di trattare i turisti è decisamente nobile ed invitante; può succedere infatti che per invitarti in qualche locale lungo il mare ti venga offerto gratuitamente da bere mentre passeggi: a me in Italia, non è mai successo! Insomma mi è capitato più volte di impuntarmi di tornare in hotel a farmi una bella doccia per poi uscire a mangiare, ed invece rigorosamente intorno alle 18 finivamo in boxer da spiaggia a mangiare in taluno di questi locali, che sulla spiaggia di Perissa e Kamari, si snodano a decine, ognuno cercando di essere più originale rispetto all’adiacente vicino.
A Santorini, ci si può spostare con l’ottimo servizio d’autobus locali (più o meno una corsa costa 1,80 euro, il biglietto si fa rigorosamente sull’autobus e portano tutti al capoluogo Thira, da dove poi, ulteriori corse ti portano nelle maggiori località balneari; gli autobus si riconoscono perché di color crema e/o verdi, spesso vecchi mercedes con musica tipica guidati da autisti bravissimi nel portarti per le anguste e rovinate strade) oppure lo scooter (il cui costo medio giornaliero si aggira sui 20 euro più il costo della benzina che in una settimana può arrivare a 15 euro in tutto girando parecchio); unico neo di tale scelta, sono le strade veramente pericolose, con numerose buche ed in evidente stato di rovina, con un asfalto liscio consumato dal sole ed assenza di guard-rail (molto pericolosa la strada a strapiombo che da Thira porta ad Oia); mi sento quindi a malincuore di consigliare l’utilizzo dell’autobus o al limite del quad, sebbene più costoso del motorino, per motivi di sicurezza.
Santorini si contraddistingue, per la varietà di situazioni che propone, e una settimana per visitarla va benissimo, purchè sia intensa di spostamenti; i cavalli di battaglia di Santorini sono sicuramente la Red Beach, la spiaggia vulcanica di roccia rossa (non l’ho visitata ma ho sentito parlare molto anche della White Beach), con la presenza d’enormi massi di magma e roccia vulcanica ma anche di una spiaggia sabbiosa, ed il capoluogo Thira, arroccato a strapiombo sul mare, location ideale per assistere al tramonto del sole da una terrazza panoramica e per visionare la caldera, l’intero bacino vulcanico di Santorini, in un’atmosfera ferma nel tempo; infine Oia, cittadina stupenda, invasa però letteralmente da turisti, e quindi la sua visita è compromessa in alcuni periodi dell’anno, perché l’effetto è lo stesso che si prova per alcune calli nei pressi di piazza San Marco a Venezia nei periodi d’alta stagione (lo stesso credo valga per i prezzi dei ristoranti, da cui mi son tenuto ben lontano). Per quanto riguarda la vita notturna, le discoteche a Santorini, come in tutte le Cicladi (salvo Mykonos), in concreto non esistono: spopolano invece i dancing bar (l’unica discoteca pubblicizzata nell’isola è l’Enigma Club a Thira, in cui puoi provare ad entrare trattando con 15 euro, ma rischi solo di crearti una qualche aspettativa, tanto vale provare un dancing bar che magari ti mette la musica che più ti piace (Umbrella di Rihanna?), piuttosto che il prodotto di un qualche dj, come è capitato a me, che magari si è auto convinto in quella serata che l’Elettronica o la Techno music, sia musica a tutti gli effetti…(sicuramente lo è, ma allora in questo caso cos’è il “rumore”? ).
Particolarità di Santorini, sono i gatti e soprattutto i cani randagi; spesso in branchi molto uniti, si contraddistinguono per essere molto magri ma pacifici; convivono con i turisti, cercando di strapparti simpaticamente lo spuntino; ad Oia verso sera si può sentirli abbaiare in un “concerto”, che ti accompagna fino ad il tramonto del sole. Inoltre camminando per le strade, si può assaggiare l’uva che in alcuni punti abbonda fin sul bordo delle strade; nell'isola si produce un ottimo vino dal sapore dolce e molto corposo, il Vin Santo http://www.santowines.gr/ ; molte coppie decidono di sposarsi a Santorini, io stesso ho visto un corteo nuziale di stranieri, percorrere le stradine di Thira.
La storia di Santorini, è davvero incredibile: l'isola fu la sede di una cultura molto progredita per i canoni storici standard dell’epoca, “all’avanguardia”. Ho letto da qualche parte che il collasso del vulcano di Cantorini, provocò un maremoto a cui si dovrebbe la scomparsa e/o declino della civiltà cretese; ho cercato conferme sul web a questa notizia, trovandone ma resta da verificarne l’attendibilità storica, ed in questo momento non ho tempo di leggere libri in tal senso.
Veniamo a Ios: stupendaaaa! Mille volte più bella della Mykonos tanto pubblicizzata, ormai un grande circo affollato (dopo sparerò a zero su quest’isola….); tengo a precisare che il mio hotel dava proprio sulla baia e spiaggia più bella, e cioè Mylopotas: un chilometro di sabbia e acqua trasparente… un acquario. L’aspetto più gradevole che a Mylopotas si concretizza tutto quello che vorresti da una vacanza perfetta: sole, mare, sport, divertimento, paesaggio…. Andiamo in ordine: appena arrivato hai subito la sensazione che questa baietta (Mylopotas), protetta alle spalle da brulle montagne, di emozioni ne abbia da regalare, ed anche tante; nel territorio adiacente il lungomare, pascolano pecore e muli, in un paesaggio amenico fatto di ulivi e arbusti; d’acqua ce n’è sicuramente più che a Santorini, dove è proprio scarsa (il costo di una bottiglia d’acqua da 1,5 l è mediamente a Santorini di 1 euro).
A Ios, quindi non si può che soggiornare a Mylopotas (gli hotel sono pochi, ma basta prenotare molto tempo prima); nel lungomare si può cenare con soli 3 euro!!! (1 euro soulaki kalamaki e 2 euro pita chicken), un vero paradiso anche per chi rompe il salvadanaio per andare in vacanza; l’aspetto che più vi colpirà, è che la spiaggia è frequentata solo da giovani, la maggior parte fascia 18-20, ma fino ai 35 anni ci sono un po’ tutti; risulta quindi impossibile non farsi trascinare in qualche torneo a calcetto o in qualche partita a beach volley; la spiaggia è attrezzata in tal senso, vi spopolano giovani e solo giovani. Io ho fatto amicizia perfino con un cagnolone, denominato Black, che tutti i giorni correndo dall’interno della baia verso la spiaggia giocava un po’ con tutti: non ho mai visto un cane così felice (c’è da dire che sulla spiaggia c’è una pasticceria aperta 24h su 24h, quindi il cane festeggiato un po’ da tutti, sicuramente non aveva problemi di dove reperire il cibo). Sulla spiaggia si sente parlare solo italiano praticamente, perfino dal pr delle discoteche di Chora (il capoluogo), italiano anche lui, un po’ come tutti su questa spiaggia. Insomma se vedi un campo da pallavolo con dei ragazzi che vi giocano, per inserirti ti basta chiedere “Ragazzi, si può giocare??” e sei dentro alla grande.
Dai localini, in uno dei quali puoi pranzare o cenare con soli 3 euro (ti rendi subito conto di quali sono i meno cari, ti basta guardare i prezzi ben esposti onestamente a differenza di Mykonos, dove il Menù con i prezzi, è un optional), proviene tutto il giorno una musica che tiene compagnia. Alla fine della spiaggia, c’è un villaggio turistico per giovanissimi, praticamente tutti 18enni invasati di musica a palla, il Far out, lo consiglio veramente per chi a questa età ed ai primi viaggi, vuole ritrovarsi in una situazione esplosiva e sicura allo stesso tempo (non ho mai visto una rissa in 7 giorni, per quanto dal villaggio salga alto l’odore di birra e degli shots che qui costano quasi dappertutto 1 o 2 euro massimo).
Al Far Out, o prenoti molti mesi prima dell’estate, oppure devi accontentarti del campeggio, in quanto il villaggio registra sempre il pienone.
Non voglio dilungarmi troppo, altrimenti scriverei un libro, ma la spiaggia di Mylopotas, si prende da me un bel 10 e lode (la rimanderei a Settembre con la scusa di tornarci!), e non escludo di tornarci, perché so che mi regalerebbe altri 7 giorni di vero mare spensierato; il mare è sempre pulito e bello come nei migliori poster dei carabi; pulita è sempre anche la spiaggia, grazie al lavoro della gente del posto.
A Ios, nonostante la presenza di un servizio autobus sempre all’altezza, consiglio caldamente il quod: costa 35 euro al giorno, ma regala emozioni a non finire, in quanto con questo potete visitare la Tomba di Omero, vera emozione di Ios, per il panorama delle Cicladi che da qui potete godere e Manganari, altra spiaggia molto rinomata, che per un contrattempo non ho potuto visitare (avevo perso il casco e per ritrovarlo ho in pratica esaurito il serbatoio ed era l’ultimo giorno..sob; ovviamente il casco era bianco ed era caduto su una stradina di pietruzze bianche…grrrrrrr); l’ascesa alla tomba di Omero, per una strada deserta e non sempre asfaltata, è qualcosa di indimenticabile: arrivati alla tomba, tutto si ferma, ti senti sospeso nell’aria, e senti solo il vento che qui davvero non manca mai; davanti a te le Cicladi. Altro cavallo di battaglia di Ios, è la vita notturna di Chora, vera città del divertimento notturno, che inizia nelle decine di dancing bar e finisce nelle due discoteche dell’isola lo Scorpion e lo Sweet Irish Club (che però non reggono proprio il confronto con i bei locali che abbiano noi, quindi comunque bisogna sapersi accontentare). La vera attrazione quindi sono i dancing bar, dove gli shots costano sempre pochissimo e l’alcool scorre a fiumi; la città è percorsa solo da giovani per le viuzze strette, in grave stato di divertimento!!! Ios, è piccola, facilmente conquistabile, e quindi risulta davvero simpatica; non dimenticate da Mylopotas con il quad di intraprendere la strada dissestata per Manganari magari alle prime ore del mattino: non vedrai anima viva per 1 ora, sarai solo te ed il serbatoio di benzina, pronto a scendere di fronte alle ardue salite. Ios, non ha l’aeroporto e neanche la presenza di navi da crociera alla fonda, e forse anche per questo non ha un flusso oceanico di turisti mordi e fuggi, che a Mykonos invece sono insopportabili (almeno in Agosto). A Mylopotas ad esempio, complice la vita notturna dell’isola, prima delle 12 in spiaggia non c’è in concreto nessuno, e la spiaggia non si riempie sicuramente prima delle 15. Ho lasciato Ios, a malincuore
Mykonos? Bleah!!!! No, dai è ingiusto, però la tentazione di sparare a zero sull' isola un po’ ce l’ho; le sensazioni che ti lascia infatti sono sempre quelle del prodotto del consumismo più radicale, dell’abusivismo edilizio che costruisce un po’ ovunque per soddisfare la marea di turisti che qui davvero son disposti a camminarsi in testa, pur di trovare spazio; è pieno infatti di scheletri di case in costruzione; non ho idea di come potesse essere Mykonos un paio d’anni fa’, ma sicuramente l’ho visitata quando il suo declino è iniziato bello e buono; il popolino va a Mykonos, per sentirti ricco e al centro della vita mondana del Mediterraneo; compagnie di bulli, tutti italiani, infestano rumorosamente l’isola, spargendo bestemmie ed ignoranza, tutti impegnati ad andare alle spiaggie Paradise e Super Paradise, e una volta arrivati, telefonano ad amici e parenti, gridando “waeeeeeee sono a Mykonos, alla Super Paradise”, come se fossero arrivati poi chissà dove; insomma secondo me l’isola ora è sovrastimata, e la sua fama è dovuta più al suo passato incontaminato che al suo presente; su quest’isola ho dovuto per forza ascoltare, visto che alcuni italiani quando discorrono gridano, le vicende più imbarazzanti (tipo una ragazza napoletana che sfacciatamente ammetteva che andava, insieme al prete a mangiarsi le pizze con i soldi dell’elemosina; l’isola conta la presenza di molti napoletani, e fin qui niente di male, se non avessi appurato che alcuni nell’isola delinquono, quindi occhio agli zaini ed al portafoglio); la navi da crociera sbarcano ogni giorno migliaia di persone ed arrivano continuamente aerei pieni di coatti, che hanno aspettato tutto un anno, per venire a ruttare, bestemmiare, ed imprecare; insomma Mykonos è stata rovinata dalla gente, rimane il mare e qualche spiaggia incontaminata in alcune ore del giorno, ma per il resto altre isole delle Cicladi sono molto più accattivanti ed il divertimento che le connota è molto più spensierato e genuino. Le discoteche, che a Mykonos dovevano essere incredibili e stratosferiche, sono penose. Ho speso 30 euro per entrare al Paradise (da quello che diceva la gente, sembrava che dovessi spendere chissà che cosa: leggende parlavano di centinaia di euro), e complice il rumore (hanno messo musica elettronica), non mi ha lasciato proprio nessun particolare ricordo; la discoteca è adiacente ad un campeggio per “selvaggi”, che lascia un po’ così, per chi si aspetta una location da mille e una notte, con terrazze panoramiche e atmosfere festaiole. Anzi, la dico proprio tutta: la vita notturna di Mykonos è proprio penosa, a meno che uno non soffra di gravi stati allucinogeni dovuti a qualche pasticca, allora forse l’elettronica e la techno che mettono possono risultare decenti; piuttosto si salvano i dancing bar di Mykonos città, che però risultano molto cari (12 euro a drink; a me è capitato di berli ma ad ogni sorso, son 3 o 4 euro che va giù..la prospettiva proprio non mi piace) e almeno per mia esperienza personale, la gente che ci lavora è particolarmente maleducata, in quanto ti vedono come un banconota da 50 euro che entra nel loro locale; è praticamente impossibile bere in tutta l’isola fino ad essere allegri senza spendere almeno 50 euro a sera; tanto vale tenersi i soldi ed andare a Mylopotas a Ios!!!!
I costi esorbitanti dei drinks, non valgono quindi un soggiorno che può risultare soffocante e limitativo, rispetto alla potenzialità d’offerta delle altre isole del Mar Egeo (non le ho ancora visitate, ma saranno mille volte meglio Rodi e Creta ad esempio, con il loro patrimonio storico). L’unico aspetto per il quale secondo me valga la pena visitare Mykonos (la spiaggia più bella è forse Kalafatis, con l’ombra naturale della vegetazione), è l’opportunità da questa di raggiungere l’isola archeologica di Delos, vera e propria sorpresa inaspettata; a 45 minuti di traghetto da Mykonos con una spesa di euro 12,50 di traghetto e 5 euro di ingresso, trovi resti archeologici davvero notevoli.
Riassumendo, i punti forti delle Cicladi sono il clima ed il mare impareggiabili, per chi vuole sicuramente trascorrere dei giorni di mare ricostituenti, senza traccia di brutto tempo; l’acqua è di color acqua marina, ideale per una vacanza rigenerativa, ed in 21 giorni non l’ho mai trovata sporca, neanche praticamente nell’affollato porto di Mykonos, pieno di navi da crociera. La brezza che spira costante, attenua la calura di un sole, che in 3 settimane non è mai stato oscurato da una qualche nuvola. I paesaggi amenici, impervi e arsi dal sole, sono intervallati da una suddivisione del territorio in lotti di terreno, delimitati da muretti di pietra locale e da ricoveri per ovini e pastori; non mancano nelle vicinanze dei villaggi, i tipici mulini a vento, che fanno da “immagini per il tutto” di una Grecia candida a tinte bianche ed azzurre; tali paesaggi incontaminati, uniti al paesaggio mozzafiato che si può godere da alcuni punti panoramici delle Cicladi (come alla Tomba di Omero a Ios o da una terrazza panoramica di Thira a Santorini), rievocano antiche atmosfere magiche, di una delle più grandi civiltà del nostro mondo, quella Greca, a cui fanno da sfondo le odierne grida di festa di giovani vacanzieri e lo strombazzare di scooter e quad che la percorrono in lungo ed in largo; per toccare con mano l’antica civiltà greca consiglio caldamente la visita a Delo, raggiungibile facilmente da Mykonos.
Mi fermo qui, altrimenti il racconto “Le mie Cicladi”, andrebbe suddiviso in Tomi pesanti ;))). Appena tornato da questa vacanza, ho subito intuito, in quale altro paese finirò l’anno prossimo, amici permettendo; ma per ora non svelo niente, i sogni devono restare nel cassetto, e tanto vale covarli per un anno per poi veramente concretizzarli. Tra meno di un mese penso di pubblicare nel sito tutte le foto della vacanza, e contestualmente credo che caricherò il mio nuovo sito personale, a cui sto lavorando un po’ tutti i giorni, quando riesco. Buon rientro a tuttiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii, viva la Grecia, viva le Mie Cicladi; già perché con tutto quello che ho speso in questa vacanza son convinto d’averle comprate. ;)))