venerdì 24 dicembre 2010

Il Vittorioso: nel "gioco delle copie" ha molti clienti, il peggio della borghesia italiana

Ho appena finito di leggere il Vittorioso. Arrivato alla quinta edizione in pochi giorni, non ho resistito. Leggibile e devo dire complessivamente piacevole. Il libro, che dà ampia voce ad uno dei giornalisti più discussi e controversi, proietta il lettore nell'ennesimo  mondo autoreferenziale, percorso continuamente dal brivido della vendita e dal "gioco delle copie"; in questo gioco, ecco comparire anche la moglie di Stefano Lorenzetto, indispettita per la mancata pubblicazione sul Il Giornale, dove lavora il marito, della notizia della nascita del loro secondogenito. Stefano Lorenzetto a quel punto, dodici mesi dopo la nascita, si prese una sorta di "rivincita" comprando sullo stesso giornale una inserzione a pagamento in cui si festeggiava il figlio di un anno. Questo episodio è la spia di come in determinati ambienti, come le redazioni dei giornali, si creino dei mondi paralleli autoreferenziali, dove a furia di coltivare il proprio Ego e di sentirsi degli Dei, diventa una questione di vita e di morte che un giornale riporti la notizia della nascita del figlio di un proprio dipendente. Chi se ne frega.
"Bisogna che ci inventiamo qualcosa" sospirava Vittorio Feltri, ossessionato dal grafico delle vendite. Vendere, vendere, vendere. A me non pare un gioco delle copie ma piuttosto una malattia delle copie.
Stefano Lorenzetto scrive: "La spregiudicatezza di Feltri nel fare i giornali l'ho sempre vista coniugata a un fiuto eccezionale per i fatti destinati a diventare eventi e a una cavalleresca noncuranza per le convenienze di schiaramento. Quello che sente di dover fare, fa. Non gl'importa nulla dell'editore, del Palazzo, del costume prevalente, del giudizio dei colleghi: il suo pensiero fisso è rivolto solo al lettore, il suo unico padrone."
Ma io allora mi chiedo; se Maurizio Costanzo negli ultimi sussulti della sua carriera di giornalista creava alla domenica delle arene dove si potessero insultare ed aggredire i concorrenti del Grande Fratello, ottenendo quel "picco" d'ascolto che lo potesse appagare e farlo bofonchiare compiaciuto, non è che quella che il Lorenzetto chiama "spregiuticatezza di Feltri" altro non sia che la solita tecnica aggressiva, mistificatrice e volgare, per creare quella violenza,  quello spernacchiamento nella titolazione, che piace da sempre ai lettori frustrati e che è funzionale solo ad aumentare le vendite a discapito della propria deontologia professionale e di una qualche ricerca di verità e virtù?  A Feltri piace definirsi in "bega con mezzo mondo" e lui stesso riferendosi ai bilanci risanati, ammette che "per sistemare i conti devi fare del male". Sono parole di Vittorio Feltri: "Ho giocato sporco, lo ammetto" riferendosi all'utilizzo di videocassette porno di Moana Pozzi per aumentare la tiratura delle copie. Sono le stesse persone che in Italia hanno il coraggio di indignarsi per le violenze createsi durante i movimenti studenteschi. Per aumentare le vendite del suo giornale Vittorio Feltri deve a suo dire fare male, gli studenti per riprendersi un futuro, a loro negato, non dovrebbero fare male.
Ecco, inoltre il conio di nuovi concetti, quali il killeraggio mediatico ed il dossieraggio. In fondo Vittorio Feltri guadagna sul venduto. A furia di calunniare arriva a guadagnare 750.000 euro lordi l'anno. Addirittura Belpietro, arriva a dichiarare pubblicamente di aver detto battute al vetriolo attribuibili in verità a Vittorio Feltri, vedi il caso del trattamento riservato al giornalista Lucio Lami; è la gara di chi si sente orgoglioso e vuole rivendicare di essere stato il primo a gettare merda, invece che inchiostro. Io ci vedo solo la vergogna di una parte del giornalismo italiano.
Vittorio Feltri ha in comune con Berlusconi quella semplicissima e banale teoria politica che vedrebbe Mani Pulite aver deliberatamene sbaragliato il pentapartito per lasciare volutamente ai comunisti la strada libera per vincere le elezioni, per mancanza di avversari. Entrambi asseriscono che in quel frangente, Berlusconi scese in campo per salvare la democrazia. Imbarazzante in seguito il trattamento del Il Giornale di Vittorio Feltri nei riguardi di Antonio Di Pietro, fino alle scuse ed alla transazione finanziaria, episodi che mineranno per un breve periodo il rapporto tra Vittorio Feltri ed Il Giornale della famiglia Berlusconi.
Mi son trovato d'accordo con Vittorio Feltri soltanto quando asserisce che al giorno d'oggi chiunque vada a comprare il giornale all'edicola ha la sensazione d'avere fra le mani il quotidiano di due giorni prima, talmente ormai le persone sono bombardate da notizie in tempo reale. Condivido il suo essere un animalista convinto. Per il resto, aveva ragione Indro Montanelli a dire "Feltri asseconda il peggio della borghesia italiana. Sfido che trova i clienti." Già, uno che tiene un busto di Benito Mussolini nel suo ufficio, non può che assecondare il peggio della borghesia italiana.

Montanelli e Feltri a confronto.

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