Nel luglio 1976 la Corte costituzionale aveva emanato un’importante sentenza in cui si definivano le linee guida per la regolamentazione del sistema televisivo. Le trasmissioni nazionali avrebbero dovuto continuare ad essere riservate alla televisione pubblica, mentre alle emittenti private la Corte riservava trasmissioni in ambito locale, in base alla constatazione che le frequenze disponibili erano sufficienti a "consentire la libertà d’iniziativa economica privata senza pericoli di monopoli e oligopoli privati". La Corte aveva inoltre dichiarato che l’etere era una risorsa collettiva, e aveva chiesto al Parlamento di emanare in tempi brevi un’adeguata regolamentazione dell’intero settore dei mass media. Il Parlamento non potè né volle prendere nessuna iniziativa di questo tipo. Trascorsero alcuni anni in cui il mercato della televisione commerciale, libero da vincoli, restò aperto a ogni incursione e a ogni prevedibile conseguenza. Fu proprio in questo periodo che Silvio Berlusconi potè edificare il proprio impero televisivo. Egli era il più dinamico fra gli imprenditori dell’etere, il più preparato a correre sul filo della legalità, colui che sembrava disporre di maggiori risorse finanziarie. Berlusconi era intimo amico di Bettino Craxi. Entrambi milanesi, trascorrevano insieme le vacanze a Portofino e a san Moritz. Un’amicizia così stretta non poteva non influire profondamente sulla politica del governo in ambito televisivo. Il 16 ottobre 1984, due mesi dopo che Berlusconi aveva acquistato rete4 ottenendo così il quasi completo monopolio sull’ emittenza televisiva commerciale, i pretori di Torino, Roma e Pescara ordinarono che i suoi ripetitori venissero parzialmente oscurati. Le motivazioni erano semplici. La sentenza della corte costituzionale del 1976 consentiva l’esistenza di emittenti commerciali scala locale e non nazionale, e le tre reti nazionali di Berlusconi infrangevano palesemente tale dettato. Roma e il Lazio, Torino e il Piemonte, l’Abruzzo e una parte delle Marche si trovarono all’improvviso senza Canale 5, Italia 1 e rete 4. Per gli utenti fu un’esperienza sconcertante. Quel giorno i programmi delle emittenti berlusconiane prevedevano trasmissioni di grande richiamo: un cartone animato di grande successo tra i più piccoli come i Puffi, sceneggiati e film quali Dallas, Dynasty e Mezzogiorno di fuoco (tutti su canale5), l’uomo di Singapore (Italia1), New York, New York (Rete4). Tutto considerato, non era il momento più adatto per ritrovarsi di fronte a uno schermo vuoto. Abbastanza prevedibilmente, il pubblico reagì con accese rimostranze. Le reti di Berlusconi, che continuavano a trasmettere nel resto del Paese, soffiavano sul fuoco chiedendo rispetto per un nuovo diritto del cittadino,"la libertà di telecomando". Di fronte a quella crisi mediatica, la prima nella storia della Repubblica, Bettino Craxi reagì con una rapidità e una determinazione che avrebbero potuto definirsi esemplari se fossero state adottate per altre e più degna causa. Il Consiglio dei Ministri, convocato per il 20 Ottobre, emanò immediatamente un decreto legge valido 6 mesi che consentiva la ripresa delle trasmissioni commerciali su tutto il territorio nazionale. La televisione commerciale era così regredita a un hobbesiano stato di natura, lasciando a Berlusconi tutto il tempo per consolidare il suo stretto controllo del settore.
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