(showed dramatic changes that transformed New York in the first half of 1900)
Francesco Petrarca nacque ad Arezzo nel 1304. Fu forse Francesco il Vecchio da Carrara a donare, nel 1369, al Petrarca la Casa fra le cui pareti si spense nel 1374. Era un epoca dove persone come lui, venivano concretamente premiate dalla politica per le loro attitudini. Francesco Petrarca fu amico del Boccaccio, che lo venne a trovare più volte e che morirà un anno e mezzo dopo il poeta.
Francesco Petrarca, l’illustre poeta, quando scelse di stabilirsi ad Arquà Petrarca disse queste parole:
"Fuggo la città come ergastolo e scelgo di abitare in un solitario piccolo villaggio, in una graziosa casetta, circondata da un uliveto e da una vigna, dove trascorro i giorni pienamente tranquillo, lontano dai tumulti, dai rumori, dalle faccende, leggendo continuamente e scrivendo".
Francesco Petrarca nel suo periodo patavino affrontò anche questioni di natura pratica e legate alla gestione della città. Un esempio di tali discorsi ce lo offre il Petrarca stesso nelle Epistole Senili (XIV, 1), da pari a pari, invitò il Da Carrara a occuparsi di un problema che affliggeva la città in modo serio. Contravvenendo allo statuto municipale, vi era l'abitudine di lasciare liberi i maiali per le strade, provocando ovvi inconveniente igienico-sanitari, ma ancor più risultando pericolosi per i cavalieri, spesso disarcionati dalle proprie cavalcature che si imbizzarrivano alla loro vista. Se i padovani, il Petrarca compreso, ormai subivano tale presenza con indifferenza per per la consolidata abitudine, così non era per i forestieri, che notavano con sorpresa l'incivile usanza. (anche al giorno d'oggi di notte e verso sera in giro per Padova ci sono dei "maiali" che spacciano droga, impunemente ed in barba a qualsiasi legge vigente. Ma purtroppo non c'è più un Petrarca che denunci con successo una simile situazione di degrado in cui è precipitata la città patavina). Il poeta ricordò al signore di Padova che le leggi della città prevedevano il sequestro degli animali lasciati incustoditi e suggerì di ripristinare in toto la prescrizione, facendola ribadire alla cittadinanza tramite il pubblico banditore e magari inasprendo le pene e istituendo un'apposita squadra di sorveglianti con il compito di portare via i maiali. Con uno spirito estremamente moderno per il suo tempo, asserisce il valore dell'aspetto e del decoro delle città quale requisito per un'ottimale qualità della vita di chi ci abita. Francesco Petrarca si interessa anche della salubrità dei Colli Euganei, esortando ad attuare lavori di bonifica.
"[...] tu Padova, nobilissima città, felice per posizione geografica e mite clima, vicina al mare, cinta da fiumi, ricca di fertili campagne, famosa per cittadini di vivace ingegno, celebrata nella storia per antico illustre nome [...]" (Francesco Petrarca, Familiari, XV 14)
"Mi sono costruito sui colli Euganie una piccola casa, decorosa e nobile; qui conduco in pace gli ultimi anni della mia vita, ricordando e abbracciando con tenace memoria gli amici assenti o defunti" (Francesco Petrarca, Senili XIII, 8, Lettera a Matteo Longo, 6 Gennaio 1371
Davanti alla casa c'è il giardino, sul retro il brolo.
Il fregio pittorico della stanza centrale rappresenta sette scene ispirate alle allegorie della canzone petrarchesca "Nel docle tempo della prima etade", numero 23 del Canzoniere, nota anche come canzone della metamorfosi.
Laura ed Amore trasformano il poeta in pianta di alloro ("[...] facendomi d'uom vivo un lauro verde, che per fredda stagion foglia non perde")
Vittorio Alfieri così ricorda la sua visita nel 1783 con riferimento allo studiolo
O cameretta, che già in te chiudesti
quel grande, alla cui fama angusto è il mondo; quel si gentil d'amor mastro profondo
per cui Laura ebbe in terra onor celesti:
o di pensier soavemente mesti
solitario ricovero giocondo;
di quai lagrime amare il petto inondo,
nel veder ch'oggi inonorata resti!
Prezioso diaspro, agata, ed oro
foran debito fregio, e appena degno
di rivestir sì nobile tesoro.
Ma no: tomba fregiar d'uom ch'ebbe regno vuolsi, e por gemme ove disdice allor:
qui basta il nome di quel divo ingegno.
(Vittorio Alfieri, Rime, XLI)
Sulle pareti di alcune stanze sono visibili alcune iscrizioni di alcuni studenti (studenti austriaci del 1544 ad esempio) a ricordo della loro visita. Per ovviare all'usanza di apporre la propria firma sulle pareti della casa, fin dal 1787 furono messi a disposizione dei visitatori i cosidetti Codici di Arquà, registri dover poter lasciare il proprio nome, un pensiero, una poesia a testimonianza del pllegrinaggio ai luoghi petraarcheschi.
L'accesso ad Arquà Petrarca.
Famosa nella casa è la gatta imbalsamata,una delle curiosità più note e di richiamo della casa, che secondo la tradizione sarebbe la gatta domestica del poeta che gli faceva compagnia nelle ore di studio e di solitudine, come è raffigurato nell'affresco della Sala dei Giganti in Padova. In verità si tratta di una invenzione dei primio anni del Seicento.
La tomba del Petrarca fu meta di reverente pellegrinaggio fin dalla sua erezione, ma anche di un ossessivo fanatismo per il culto del poeta, che provocò parecchi violazioni e depredazioni del sarcofago (nel 1630 il sarcofago fu aperto e furono asportate alcune ossa del braccio destro, mai ritrovate). Tra i tanti visitatori illustri della casa si annoverano Lord Byron (1817), Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo e tanti altri.
Nuovi nuclei abitativi ad Arquà Petrarca e sullo sfondo il monte Cero.
Arquà Petrarca, insieme ad Asolo ed ai suoi colli, è riuscita nei secoli a conservare intatto il paesaggio che la circonda. La speculazione edilizia in queste zone, tuttavia è sempre in agguato. D'altronde, l'uomo soffocato nella pianura veneta da un cimitero di capannoni industriali abbandonati, da strade trafficate ed inquinamento dilagante, tenderebbe a rifugiarsi costi quel che costi in questi posti che invece hanno resistito meglio all'antropizzazione.
I dintorni del borgo di Arquà Petrarda si contraddistinguono per il verde lussureggiante e la possibilità di effettuare lunghe passseggiate in un contesto unico nel suo genere. Qui l'unica fonte di inquinamento rilevante è un cementificio con un indotto importante (che per chi si avvicina ad Arquà Petrarca è comunque un pugno in un occhio), che però non è riuscito a rovinare lo spettacolo scenico di questi colli tanto cari al Petrarca.
A 19 km a sud-ovest di Padova, a Valsanzibio di Galzignano, in una conca circondata da amene colline poste ad anfiteatro, si trova villa Barbarigo, oggi Pizzoni Ardemani, cinta da un’ eccezionale testimonianza di giardino secentesco, uno tra i più importanti ed integri in Europa e definito "perla degli Euganei". Copre oltre 150.000 mq e comprende il famoso labirinto antico di bossi, che si sviluppa per oltre 1.500 metri lineari (il solo labirinto, con quello di Villa Pisani, a Stra, che si sia conservato nella nostra regione). II giardino meraviglioso è inoltre caratterizzato da un ricco patrimonio di viali, aiuole fiorite, statue (in buona parte opera del Merengo), giochi d’acqua, fontane e decorazioni architettoniche volte ad accentuarne la vastità e la pittoricità. L’ingresso della villa serviva anche di approdo alle barche giunte attraverso la valle da pesca di Santo Eusebio, da cui il nome "ValSanZibio". Un tempo estesa a tutta la pianura la "Valle" oggi si limita al laghetto preservato per rispecchiare l'elegante costruzione.
Video dalla stanza da letto di Francesco Petrarca (PD)