La tortuna della cella d'isolamento, la fame, la sete, le percosse da parte di secondini perfidi e vendicativi disegnano perfettamente quella condizione, che per certi versi persiste nel nostro attuale sistema carcerario sotto la veste dell'sovraffollamento carcerario. In otto in una stanza da due. Anche nelle carceri si costruisce in altezza, nell'epoca dei letti a castello. Una condizione a cui non ha potuto sopravvivere una foglia debolissima e già priva di linfa vitale, Stefano Cucchi.
Una immagine può essere scioccante, ma non può esserlo più della verità nuda e cruda. Queste sono le foto scattate al cadavere di Stefano Cucchi, tossicodipendente con altre patologie finito nel sistema carcerario con l'accusa di spaccio. Il volto tumefatto, un occhio rientrato, la mascella fratturata. Pubblicare queste foto come quelle di Federico Aldovrandi è l'unico modo per gridare la verità, di fronte alle mistificazioni di vergognosi politici, uno per tutti nella vicenda Carlo Giovanardi, che disse che Stefano Cucchi era morto perchè "anoressico, drogato e sieropositivo". L'ipocrita grida scandalizzato alla pubblicazione di queste foto, non alle parole di questo pseudo onorevole Giovanardi. Quella di Stefano è innanzitutto una storia di diritti negati che si è consumata in appena una settimana. Se la droga è già una condanna, trova la propria apoteosi nell'attuale sistema carcerario.
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Secondo i magistrati della procura di Roma, la morte di Stefano Cucchi sarebbe conseguente all' «abbandono di persona incapace»: questo profilerebbe una accusa nei confronti dei medici e infermieri del Pertini, più grave dell'omicidio colposo, sanzionabile fino ad 8 anni di reclusione mentre il colposo è cinque anni. Nel capo di imputazione i pm scrivono che i medici e gli infermieri in servizio dal 18 ottobre al 22 ottobre dello scorso anno «abbandonavano Stefano Cucchi del quale dovevano avere cura» in quanto «incapace di provvedere a se stesso». In particolare il giovane «era affetto da politraumatismo acuto, con bradicardia grave e marcata, alterazione dei parametri epatici» e «segni di insufficienza renale». Una situazione, secondo i magistrati, che lo poneva «in uno stato di pericolo di vita» e che quindi «esigeva il pieno attivarsi dei sanitari» che invece «omettevano di adottare i più elementari presidi terapeutici e di assistenza che nel caso di specie apparivano doverosi e tecnicamente di semplice esecuzione e adottabilità e non comportavano particolari difficoltà di attuazione essendo peraltro certamente idonei a evitare il decesso del paziente» (Fonte Corriere)
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La schiena di Stefano Cucchi fratturata all’altezza del coccige. |
Torno ad occuparmi strettamente del libro, anche se è proprio leggendolo che ho pensato al caso di Stefano Cucchi. Jack London è un genio nel cercare di trasmettere con rabbia a quelli che chiama "suoi concittadini, immersi negli agi" la sordità del sistema carcerario, una insensibilità e indifferenza, dove non entra l'amore vero di Gesù. La tortura crea il vagabondo tra le stelle. In particolare nel libro la sofferenza la induce l'utilizzo della camicia di forza sui detenuti. La sofferenza spinge il vagabondo a camminare tra le stelle in cerca delle formule del cosmo, degli arcani segreti dell'universo, il sapere infinito. La tortura del regime carcerario spinge all'orgia dell'immaginazione, simile a quella che gli uomini sperimentano nei sogni indotti da una droga, o nel delirio, o in uno stato di pura e semplice sonnolenza. Ora vi cito il passo più bello del libro "È la vita a costituire l'unica realtà e il vero mistero. La vita è molto di più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. La vita persiste, passando come un filo di fuoco attraverso tutte le forme prese dalla materia. Lo so. Io sono la vita. Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente ho abitato. [...] La materia è la grande illusione. La materia, cioè, si manifesta nella forma e la forma è un fantasma. [...] Lo spirito è l'unica realtà destinata a durare. Io sono spirito, e sono io che duro." Ed ancora: "La mente...solo la mente sopravvive. La materia fluisce, si solidifica, fluisce di nuovo, le forme che essa assume sono sempre nuove. Poi di disintegrano in quel nulla eterno donde non vi è ritorno.[...] lo spirito è indistruttibile."
Un video dove ho recitato il passo appena proposto di Jack London.
Il Vagabondo delle stelle è ambientato per la maggior parte della propria narrazione nel penitenziario di stato di San Quintino, a Point Quentin in California, a nord della città di San Francisco.
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Nel libro la singola vita di una persona viene collocata all'interno di un processo più ampio e metafisico dell'intera umanità: "Come avviene per qualsiasi essere vivente, anch'io sono il risultato di un processo di crescita. Non ho avuto inizio quando sono nato o, addirittura, nel momento in cui sono stato concepito. La mia crescita ed il mio sviluppo sono l'esito di un numero incalcolabile di millenni. Tutte le esperienze fatte nel corso di queste e di infinite altre esistenze hanno per gradi dato forma a quell'insieme - possiamo chiamarlo anima o spirito - che è il mio io. Non capite? Io sono tutte queste vite. La materia non ricorda, lo spirito sì. Ed il mio spirito altro non è che la memoria delle mie infinite incarnazioni." Per Jack London "ognuno di noi, ogni essere umano che oggi abiti il pianeta, reca effettivamente dentro di sé la storia immarcescibile della vita fin dal momento in cui essa ebbe inizio. È una storia scritta nei tessuti e nelle ossa, in funzioni e organi, nelle cellule cerebrali e nello spirito, in tutta una serie di bisogni ed impulsi atavici che attengono tanto al mondo fisico che a quello psichico."
Lo scrittore ammonisce il lettore nel non dimenticare ciò che è stato: "Sono io quell'uomo, ne sono il risultato, ne sono il compendio, sono il bipede implume che venne su dal fango, creando l'amore e la legge dall'anarchia di quella feconda esistenza che nella giungla lanciava le sue grida e le sue urla. Sono io tutto ciò che quell'uomo era e quanto divenne in seguito. Mi vedo mentre passo con dolore da una generazione all'altra, cacciando e uccidendo pesci e selvaggina, creando campi là dove c'era la foresta, mi vedo mentre fabbrico rozzi utensili di pietra e di osso, costruisco case di legno, copro i tetti con foglie e paglia, trasformo erbe e radici selvatiche nei precursori del riso, del miglio, del grano, dell'orzo e di altri cibi squisiti, imparo ad arare il suolo, a seminare, a fare il raccolto, a immagazzinare, a utilizzare le fibre delle piante e a trasformarle in fili per tesserne indumenti, sì, mi vedo mentre metto a punto sistemi di irrigazione, o lavoro i metalli, apro vie al commercio e mercati, costruisco imbarcazioni, individuo rotte di navigazione, mi vedo mentre organizzo la vita di un villaggio, poi unisco un villaggio all'altro fino a formare singole tribù, poi unisco una tribù all'altra fino a farle divenire nazioni, sempre teso alla ricerca delle leggi che governano le cose e dando agli essere umani leggi che consentono loro di vivere insieme e in amicizia e così uniti configgere e distruggere tutte le creature viscide, urlanti e striscianti che potrebbero distruggerli."
Jack London elegge inoltre l'amore quale esperienza più sublime della vita: "Ciò nonostante, se rifletto su tutto questo con animo sereno, giungo alla conclusione che la cosa più importante di tutta la vita, di tutte le vite, per me e per tutti gli uomini, fino a quando le stelle si sposteranno nel firmamento e non si arresterà il continuo mutamento dei cieli, è stata, è e sarà la donna, più importante di ogni nostra fatica o impresa, più grande d'ogni parto della fantasia e dell'invenzione, più grande di qualsiasi battaglia, di qualsiasi osservazione delle stelle, più grande di qualsiasi mistero..la cosa più grande di tutte è stata la donna. [...] Stretto tra le sue braccia ho dimenticato le stelle. [...] E posso affermare, in conclusione, che non ho mai conosciuto follia più dolce e intensa di perdermi nella bellezza e nel profumato oblio dei suoi capelli. [...] Le stelle possono mutare il loro corso, i cieli possono trarci in inganno, ma la Donna resta per sempre, splendente di luce, eterna, come me, al di là di ogni maschera e di ogni avventura, l'uomo unico, il suo compagno."
Il cottage dove Jack London risiedeva e scrisse tra il 1905 e l'anno della sua morte il 1916. Si trova tuttora in California, nella valle di Sonoma che lo scrittore scelse per i suoi paesaggi incantati. La proprietà di Jack London e della sua fedele compagna Charmian, chiamata anche Beauty Ranch, era articolata in diverse casette inserite in un contesto amenico ed un laghetto; ora la proprietà è un parco protetto su esplicita volontà della moglie Charmian che volle che venisse preservata in memoria di Jack London e dei suoi lavori: il "Jack London State Historic". Il sito web ufficiale del parco è il seguente http://www.parks.ca.gov/?page_id=478 ; “All I wanted,” disse Jack London, “was a quiet place in the country to write and loaf in and get out of Nature that something which we all need, only the most of us don’t know it.” Tra le casette richiamate, si erigono anche le affascinanti e misteriose rovine di quello che fu la casa sogno di Jack London e della moglie Charmian (London's dream house), purtroppo distruttasi in un incendio nel 1913: WOLF HOUSE
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Questo è un libro da leggere. Questo libro non ha eguali nella letteratura. Potrei giurare che sia il libro più bello che abbia mai letto, ma farei un torto ad altre intense emozioni; c'è una cosa che voglio dire prima di chiudere questo post; mi sono ritrovato nel libro quando Jack London racconta di come si sperimentano i sogni "Si, il fascino di questi sogni stava proprio nel loro essere in successione ordinata. [...] Una vera delizia, quando puoi fare tutto così, come la frustrazione di non ricordare da svegli i particolari minuti." Anche a me tanti anni fa', durante l'infanzia, capitava di fare un sogno ricorrente in cui delle forme geometriche si incastravano perfettamente in un mondo parallelo, che badate bene non era il tetris. Sperimentavo un viaggio piacevole in un mondo ordinato, di cui al risveglio ricordavo solo la beatitudine di così tanta perfezione. Probabilmente durante la notte la nostra materia grigia mette ordine all'entropia del giorno. O chissà...chissà.
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